H
HIERAPOLIS
GEA -TELLUS -TERRA
Città della Frigia – Fondata durante il regno di Pergamo sul finire del II°s.a.C., situata su di un pianoro calcareo, formato dal deposito delle sorgenti calde che vi sgorgano. La sua topografia è ippodamea (Vedi Ippodamo) con l’incrocio di strade ad angolo retto; cinta da mura su tre lati, mentre il versante occidentale è difeso da uno strapiombo. Non si hanno resti ellenistici ma solo romani con numerosissime testimonianze: le terme, il teatro, una basilica; fuori le mura, una grandiosa chiesa cristiana. Caratteristiche le amplissime necropoli che circondano da ogni lato la città con tombe a camera in forma di tempietto, a tumolo con volta circolare, oppure scavate nel terreno e ricoperte di lastre marmoree.
IA-IG
IADI
(gr.le piovose)
Le Iadi erano ninfe dei boschi, delle fonti e delle paludi, difatti il loro nome significa "piovose".
I miti ci riportano i sette nomi di queste ninfe: Ambrosia, Eudora, Pasitoe, Coronide, Polisso, Fileto e Dione, le quali ninfe di Nysa nutrirono Dioniso bambino.
Mitiche eroine greche, trasformate in stelle a seguito di una vicenda ricordata almeno in tre versioni nella mitologia classica: figlie del sole, morirono di dolore per la caduta del fratello Fetonte.
Figlie di Atlante ed Era sorelle delle Pleiadi, si strussero per la morte del fratello Jante, divorato da un leone.
IASON
Padre di Pluto
(vedi GIASONE)
ICARIO
ICARIO di ATENE,
Secondo Igino e Apollodoro Icario ricevette Dioniso nella propria casa, e il dio, per ricompensarlo dell'atto di ospitalità gli fece dono di un ceppo di vite, insegnandogli la maniera di piantarlo e di fare il vino. Igino aggiunge che Dioniso gliene diede un otre pieno, ordinandogli di fare assaggiare quel liquore agli altri uomini. Intorno a tutto ciò che segue, egli è perfettamente d'accordo con Apollodoro il quale riporta che Icario, avendo dato quel vino ad alcuni pastori dell'Attica, li fece diventare ebbri. Essi, credendo allora di essere stati avvelenati, lo uccisero, gettandolo in un pozzo. La figlia Erigone non trovandolo iniziò le ricerche e, seguendo l'abbaiare del suo cane Mera, ne ritrovò il corpo. Disperata si uccise anch'ella. Questi decessi furono interpretati come un affronto al dio Dioniso e una siccità, altri dicono una pestilenza, cadde sulla regione. Per porvi fine Aristeto, su suggerimento del padre Apollo, istituì delle festività in onore di Icario ed Erigone, le Aiora. Inoltre gli dèi lo immortalarono trasformandolo in una costellazione, [BOOTE] vendicarono la sua morte diffondendo, pressi gli ateniesi, una malattia che rendeva folli le donne. Secondo il mitologo Karl Kerényi Icario potrebbe essere il timoniere della nave su cui viaggiava Dioniso, di cui viene narrato nel VII° Inno omerico. Tuttavia nel testo il nome non è più chiaramente leggibile. In questa occasione, per la benevolenza dimostrata al dio, Icario sarebbe stato risparmiato, contrariamente ai marinai che furono trasformati in delfini
ICARIO di SPARTA,
Icario è nella mitologia greca un eroe spartano ritenuto figlio di Ebalo sposato in seconde nozze da Gorgofone (lett. "assassina della Gorgone"), quindi nipote di Perseo, o di Ebalo con Bateia o ancora di Periere e Gorgofone. Aveva per fratelli Aliseo, Afareo, Leucippo e Tindaro.
La storia
Re di Sparta insieme al fratello Tindaro o Tindareo e costretto con lui all'esilio dal fratellastro Ippocoonte che diede vita alla dinastia degli usurpatori Ippocoontidi, poi sterminati da Eracle che per il fatto commesso richiese ad Asclepio di farsi purificare. Pare peraltro che nella medesima circostanza Asclepio avesse riportato in vita Tindaro, ucciso dagli Ippocoontidi, secondo altri invece esiliato in Etolia, presso il re Testio, padre di Leda, sua futura sposa.
Icario rifugiatosi in Acarnania durante il periodo di usurpazione si sposò con Policasta (secondo un'altra versione con la naiade Peribea) e da lei ebbe tre figli: due maschi e due femmine, Penelope (secondo la versione alternativa i figli con la naiade sarebbero stati sei, fra i quali sempre Penelope) e Iftime (moglie di Eumelo di Fere).
Secondo Pausania, invece, soltanto Tindaro fu scacciato da Sparta, perché Icario si schierò dalla parte di Ippocoonte.
Gara e nozze
Molti erano i capi greci che aspiravano alle nozze con la figlia di Icario, Penelope, e per tale motivo erano convenuti a Sparta. Allora Icario, per evitare inutili liti tra i pretendenti, istituì dei giochi in modo che il vincitore delle gare avrebbe ottenuto la mano di Penelope. Ulisse ottenne la vittoria nella gara della corsa e ciò gli valse il diritto di ottenere la sposa.
La via Afetaide, a Sparta, dove le presenze culturali estranee alle tradizioni locali sono estremamente rare e le uniche si riferiscono ad elementi occidentali (particolarmente l'Etolia), è interamente dedicata alla coppia mitica Ulisse/Penelope e commemora proprio l'episodio della gara imposta da Icario ai pretendenti.
Secondo un'altra versione, a convincere Icario a dare Penelope a Odisseo fu Tindaro. Quando Elena era in età da marito, molti capi greci si presentarono da Tindaro per chiederla in sposa. Tra i pretendenti c'era anche Odisseo, ma non era sua intenzione ottenere in moglie Elena, bensì Penelope, e per questo si assicurò l'aiuto di Tindaro.
Addio al padre
Quando Penelope sposò Ulisse, Icario fece di tutto per farli stabilire nella sua reggia e più volte scongiurò la figlia di non abbandonarlo. Ulisse chiese dunque a Penelope di scegliere tra lui e il padre. Questa arrossendo, si limitò a coprirsi il capo con un velo, senza dire nulla. Al padre fu allora chiaro il gesto della figlia e la lasciò partire per Itaca con Ulisse. Quindi eresse una statua, altri dicono un santuario, consacrata al Pudore nel medesimo luogo in cui la figlia si era velata il capo.
Altre versioni
Nell'Odissea Icario, visto che Odisseo non tornava, consiglia Penelope di sposare Eurimaco che tutti i Proci supera con i suoi regali e offre sempre doni nuziali. Nessun altro autore riferisce che Icario spinse la figlia a sposare uno dei Proci, tanto che si è pensato che quei due versi del poema fossero interpolati.
Si narrava pure che Penelope, mentre il marito era assente, fosse stata sedotta da Antinoo e che per questa ragione Odisseo l'avesse rimandata a Icario.
ICARO
Figlio del mitico Dedalo,fu rinchiuso nel labirinto assieme al padre,artefice della costruzione voluta da Minosse re di Creta. Il padre allora fabbricò per sé e per il figlio delle ali e le applicò al loro corpo con la cera.Fuggiti dall’isola volando,Icaro si avvicinò talmente al sole che precipitò nel mar Egeo, (che da lui prese il nome di Icario) presso l’isola Reia, oggi detta Icara o Nicaria.
IDEO
Nella mitologia greca, Ideo, era il nome di vari personaggi, tutti legati al ciclo troiano:
- Ideo figlio di Dardano
- Ideo figlio di Darete
- Ideo figlio di Paride
- Ideo auriga di Priamo
Dardano, figlio di Teucro, aveva continuato il viaggio che avrebbe portato alla creazione di Troia avviata da Scamandro. Mentre stava allargando i confini del suo regno, Ideo, il figlio minore di Dardano, si propose di seguire suo padre nella sua avventura. Aveva portato con sé le sacre immagini degli dei e grazie ad esse Dardano poté insegnare la cultura religiosa alla nuova gente.
Ideo si stabilì in seguito sul monte Ida, che secondo alcuni prese da lui il nome. In quel luogo creò i misteri della Frigia.
Ideo ebbe una figlia, Idea, che divenne poi la moglie di Fineo.
Ideo figlio del sacerdote troiano Darete combatté col padre e il fratello per la difesa della loro città assediata dagli Achei. Durante una battaglia fu aggredito insieme al fratello da Diomede. Questi poté uccidere solo Fegeo, in quanto Efesto allontanò Ideo dal grande pericolo.
Secondo una versione minore, Ideo era il nome di uno dei tre figli di Paride avuti con Elena, gli altri due si chiamavano Buonomo e Agano; morirono tutti quando erano ancora bambini.
Nella mitologia greca, Ideo è un araldo troiano, nonché auriga privato del carro di Priamo al tempo della guerra di Troia. Omero lo presenta come il sostituto del re nei momenti in cui Achei e Troiani trattano pacificamente per risolvere il conflitto senza scontri di massa, bensì tramite leali duelli. Il suo ruolo di guidatore di carri è invece esplicitato nel XXIV libro del poema, quando scorta l'anziano re presso la tenda di Achille.
IDI
Nome che nell’antico calendario romano veniva dato il giorno 15 dei mesi di marzo, maggio, giugno e ottobre, e al giorno 13 degli altri mesi. Il termine è derivato da una radice che significa “splendore”; rappresentavano il plenilunio nella lunazione convenzionale costituita dal mese calendariale ed erano sacre a Giove.
IDOLO
Oggetto ed immagine della divinità cui si tributava venerazione nella storia delle religioni. Il termine assunse un significato particolare,indicando gli oggetti culturali di ogni religione politeistica, donde il termine idolatria, che significa, culto degli idoli.
IDRA
Serpente con sette teste,che rinascevano appena mozzate. Messa da Giunone nella palude di Lerna,fu uccisa da Ercole. Secondo altra versione,” l’Idra di Lerna”era uno dei più terribili animali di cui la Terra era popolata. Fatto a forma di serpente,aveva più teste (da un minimo di tre ad un massimo di nove,a seconda delle varie leggende) le quali,se tagliate, avevano,come già detto, la proprietà di rigenerarsi.
IFIANEA
- U.Foscolo, Le Grazie, Inno a Venere, Verso 189
- "Placò Lieo, e intercedean le Grazie.
[Dopo la descrizione del viaggio delle Dee in "Arcadia" e gli episodi di "Pane" e di "Calliroe e Ifianea", il poeta chiede alle Grazie che gli dicano ove ebbero il primo altare]
Ma dove, o caste Dee, ditemi dove
La prima ara vi piacque, onde se invano (verso 190)
...
IFICLE
Madre di Iolao, compagno di Ercole, contribuì all’uccisione del mostro di Lerna.
IFIGENIA
Figlia di Agamennone e di Clitemnestra,accompagnò il padre partente per la guerra di Troia in Aulide ed ivi fu offerta in sacrificio ad Artemide per placarla ed ottenere venti favorevoli alla navigazione.Ma Artemide la sostituì con una cerva e la trasportò in Tauride,dove divenne sua sacerdotessa. Riconosciuta dal fratello Oreste,che secondo l’uso,stava per essere sacrificato alla dèa,fuggì con lui e ritornò in patria.
IGEA
Igea (dal greco Ὑγίεια hygìeia, con il significato di "salute", "rimedio", "medicina") è una figura della mitologia greca e successivamente romana.
Figlia di Asclepio e di Epione (o Lampezia), è la dea della salute e dell'igiene. Nella religione greca e romana, il culto di Igea è associato strettamente a quello del padre Asclepio, tutelando in questo modo l'intero stato di salute dell'individuo. Igea viene invocata per prevenire malattie e danni fisici; Asclepio per la cura delle malattie e il ristabilimento della salute persa.
Nella mitologia romana, Igea viene indicata come Salus o Valetudo, sinonimi, in latino, di (buona) salute.
Igea era raffigurata sotto l'aspetto di una giovane donna prosperosa, nell'atto di dissetare in una coppa un serpente, in un'altra raffigurazione era seduta su un seggio, con la mano sinistra appoggiata ad un'asta, mentre con la mano destra porge una patera ad un serpente che, lambendola, si innalza da un'ara posta davanti alla dea.
IL-IO
ILA
Nel mito classico, giovinetto di grande bellezza, amato da Ercole che accompagnò gli argonauti alla conquista del vello d’oro. Venne poi, rapito da una ninfa d’una fonte,della Misia.
ILIADE
Titolo del poema Omerico,che tratta l’ultimo periodo della decennale guerra di Troia in 24 canti: ha la sua unità artistica nella figura tragica dell’eroe Achille, eroe impetuoso che morrà giovane; la sua ira annunciata nella contesa con il duce greco Agamennone, cresce fino al parossismo alla morte del suo amico Patroclo, ch’egli vendica uccidendo l’eroe troiano per antonomasia Ettore, straziandone il cadavere, ma si smorza poi e cede a sentimenti più umani, di fronte al vecchio padre supplice e re dei troiani Priamo.
Il poema immortale
L’Onnipotente Zeus, padre di tutti gli dèi, (dai Latini chiamato Giove) annuì con un breve cenno del capo. L’offesa recata ad Achille, divino eroe dell’antica Grecia, era sato troppo grande. I colpevoli, i Greci, sarebbero stati puniti e la vittoria avrebbe arriso ai Troiani, finchè giustizia non fosse stata resa al prode. Teti, madre di Achille, una delle Nereidi, (abitatrici del mare), che aveva osato implorare da vicino il Supremo, lasciò allora racconsolata l’Olimpo. Con un salto agilissimo, balzò dal cielo agli abissi profondi, e Achille, il figlio suo avrebbe avuto la lieta novella. Così racconta nel primo libro dell’Iliade (poema di Ilio cioè,di Troia) Omero, il poeta greco, che divenne cieco, forse perché aveva guardato troppo intensamente la luce della bellezza. Da lunghissimi anni greci e Troiani erano in lotta, e l’origine della contesa era fatta risalire a Paride, che aveva rapito Elena, la bellissima sposa di Menelao, re di Sparta. All’alba del decimo anno si combattteva ancora in Asia Minore, presso le mura di Troia. E la città sacra, fiorente, bellissima, adagiata nella fertile terra, poco distante dal Ponto, resisteva fieramente. Gli dèi, che in quei tempi tanto lontani (forse nel 12°s.a.C.), si occupavano molto delle vicende umane, e partecipavano anche direttamente al loro determinarsi, ed erano stati sempre discordi circa le sorti della guerra. Ma ora Zeus aveva preso la sua decisione. Il re di Troia si chiamava Priamo. Il figlio suo prediletto, tra tanti figli e figlie, era Ettore. Bello,ardito, sapeva gettarsi nella mischia, combattendo con la lancia, con la spada intrepidamente, sotto il fulminar delle frecce. Gli era figlio pure Paride, causa di tanta discordia, al quale gli dèi avevano prodigato grazia e bellezza. Il vecchio, ignorava la decisione di Zeus ed era in trepidazione per la sorte di Troia e dei suoi figli. Achille, l’offeso, si pone in disparte, e non vuol più saperne di guerre. A che gli era valso battersi da prode? E’vero; aveva accusato Agamennone, fratello di Menelao e re di Argo, ma l’accusa era stata mossa soltanto perché, a causa dell’eroismo del re, Apollo martirizzava gli Achei, (tal’era il nome dei Greci nell’antichità). Per rappresaglia gli avevano tolto Briseide, la bella sua schiava, e l’avevano data ad Agamennone; il suo rancore era perciò al colmo; avrebbero toccato con mano i Greci, che cosa contassero l’ira e il valore di Achille e neppure se fossero venuti a supplicarlo in ginocchio sarebbe intervenuto in loro favore. Sulle prime i Greci non si preoccuparono del suo ritiro dalla mischia; decidono anzi di impegnare i Teucri (Troiani) in un aspro combattimento. I due eserciti si schierano uno di fronte l’altro. Elmi, aste, corazze, scudi, fremono nell’attesa; muove l’esercito troiano con baldanza schiamazzando. L’acheo, tace ed attende; all’improvviso Paride balza in avanti, bellissimo e sfida i nemici in un confronto personale. Chi si cimenterà? Menelao vuol misurarsi col rivale, ma questi si dà in una inaspettata fuga. Ettore lo rimprovera aspramente e lo spinge sul campo: deve cancellare l’onta. Questa volta Paride si batte. Menelao è assai forte, ma il troiano non cede, e a mala pena, riparandosi con lo scudo schiva un terribile colpo. Il Greco gli percuote l’elmo con la spada, ma il brando si spezza; furibondo si avventa contro il nemico, lo afferra per l’elmo e lo trascina verso il campo acheo. Paride sta per essere soffocato dal guinzaglio che aggancia l’elmo sotto la gola. ma la morsa cede per incanto, e Menelao resta con l’elmo in mano senza il guerriero. Fuori di sé dalla stizza, brandisce l’asta e si scaglia contro Paride, certo di abbatterlo, ma un’improvvisa nebbia avvolge il Troiano e il povero re mena colpi a vuoto. Venere, la dèa che Paride aveva prescelto, bellissima fra le belle, due volte pietosa, aveva salvato il suo eroe. Nel campo troiano c’è un senso di scoramento; la lotta ha estenuato i prodi difensori di Ilio. Ettore rapidamente rientra nella città. Donne e fanciulli gli si fanno intorno,per aver notizie dei loro cari ed egli raccomanda preghiere e sacrifici. La patria è in pericolo, ma si vincerà! Alla reggia trova soltanto Ecuba, la madre sua e brevemente egli le affida una consegna; “propiziarsi Minerva“. Andromaca, la sua sposa diletta, dov’è ? Sulle mura che cingono la città, per seguire la battaglia. Ettore la trova,e un’ancella l’accompagna portando sulle braccia un pargoletto, l’unico figlio dell’eroe Troiano. Il guerriero veste la corazza di ferro, ma quanto è sensibile l’animo suo al solo accostarsi alla sposa! Andromaca gli scongiura di non esporsi troppo,per pietà di lei e del bimbo! Non è possibile; Prima la patria!
- …….Da lungo tempo appresi ad esser forte,e a volar tra’primi negli acerbi conflitti a tutelaa della paterna gloria,e della mia. (Traduzione ; Vincenzo Monti VI° - 581-584)
Purtuttavia uno strano presentimento turba il prode. Se Ilio cadrà sarà onta e dolori per la sua sposa che andrà schiava al nemico e per il piccino, figlio di un vinto. Meglio morire combattendo prima di assistere a tanto sfascio. E tende amorevolmente le braccia alla sua creatura. Il bimbo atterrito dalla grande piuma che ondeggia sull’elmo paterno, nasconde il volto nel seno della nutrice. Il padre si toglie il cimiero, rincorando il figlioletto, lo palleggia con infinita tenerezza; forse non gli sarà dato rivederlo.
- Proteggano gli dèi il : …bambino,leggiadro come stella (Traduzione di Vincenzo Monti VI° - 518)
E sogna per lui un destino di gloria. Vinta poi la commozione, si separa dai suoi cari, e vola al suo posto di battaglia.
- …e muta alla magion la via riprese L’amata donna,riguardando indietro, e amaramente lacrimando (Traduzione di Vincenzo Monti VI° , 656 – 657)
E’ notte. Dopo aspro lottare, la battaglia cessa. Ettore ha compiuto prodigi di valore, trascinando i suoi in pugne vittoriose. Nel campo troiano si accendono i fuochi; sono mille grandi fiamme; ad ognuna di esse cinquanta guerrieri. Lì presso, sostano i cavalli pascendo orzo e avena. Nel campo greco regna lo sconforto.Volgono ore tristi. Agamennone vorrebbe lasciare l’Asia. No! Basterà richiamare Achille! Egli verrà con i suoi Mirmidoni e la vittoria sarà certa. Ulisse. Diomede, Aiace, guerrieri famosi si recano alla tenda di lui, con ricchi doni e promesse. Ma ogni insistenza riesce vana. E’ l’alba e la battaglia riprende accanita. Achille dall’alto della sua nave ne segue ora le vicende. Scorge Paride nell’atto di trafiggere un Greco. Prega allora Patroclo di recarsi al campo per conoscere il nome dell’ucciso. Patroclo ritorna con gli occhi umidi di pianto, E’ un macello tra i Greci. Si muove a pietà l’eroe offeso,! Se non vuol scendere in lizza, gli ceda la sua poderosa armatura, I Teucri, tratti in inganno si daranno a precipitosa fuga, poiché temono il Pelide Achille (era così chiamato perchè figlio di Peleo). Così avviene sulle prime, ma Ettore scopre il trucco e con slancio mirabile si avventa contro il Greco, che pur si batte da leone, gli infigge la spada nel fianco, lo uccide. Ettore gli è sopra, lo spoglia delle superbe armi di Achille e a mala pena i Greci riescono a strappargli il cadavere. Achille che tante volte ha sfidato la norte, impassibile e sereno attende con ansia notizie dell’amico. Giunge Antiloco piangente, e con voce rotta narra la fine di Patroclo, al che Achille, il divino eroe, prova un dolore così grande e un’angoscia così straziante che Antiloco non sa confortarlo. L’eco di questo pianto disperato giunge fino alle sponde del mare. Teti, sua madre trepida, esce delle spume, si accosta al figlio, e si stupisce di trovatrlo in lagrime, ora che Zeus ha assecondato i suoi desideri. E com’è bello Achille che confida alla mamma, come un bimbo in pena, il suo dolore profondo! Egli deve vendicare l’amico Patroclo; ucciderà Ettore! Ne morrà, è il suo destino! Teti lo sa! Non importa; le armi subito! La madre si reca da Vulcano, il fabbro divino, e nuove stupende armi saranno forgiate in sostituzione di quelle prese a Patrioclo da Ettore. Eroica madre che favorisce l’olocausto del figlio, pur con lo strazio nel cuore, perché la causa è giusta! Corazza, elmo, schriniero, e uno scudo magnifico. Achille, dimenticando l’offesa ricevuta, si riconcilia con Agamennone. Negli occhi del Pelide arde una luce nuova, e vivissima. Consapevole del suo destino, sale sul cocchio, e si slancia verso la meta. Oramai il giuramento di Zeus è sciolto, gli dèi possono schierarsi secondo il loro volere. E’ la battaglia decisiva. Achille giunge come un nembo di fuoco portando lo sterminio. Ma egli non è pago di ciò.Vuole Ettore, che è rimasto fuori dalle alte mura di Troia, presso lo porte Scee. Achille avanza verso di lui, sembra Marte, dio della guerra. Priamo dall’alto della torre lo scorge angosciato e invoca a gran voce il figlio: Ettore di fronte alla furia terribile del Pelide, è preso da un subito sgomento ; fugge. E’ la certezza della morte alla quale istintivamente vorrebbe fuggire, che lo turba. Per tre volte fa il giro della città inseguito da Achille, furibondo. Poi si domina, si arresta, deciso ad affrontare il nemico.Vorrebbe che Achille acconsentisse ad un patto; il rispetto del cadavere del vinto. Ma Achille che freme ancora di sdegno per lo strazio di Patroclo, non vuol saperne di accordi. I due rivali sono di fronte. Achille avventa la lancia che Ettore schiva con mossa fulminea, indi protende la sua, ma lo scudo divino la respinge; lanciandola assai lontano. Ettore sente che gli dèi tutti lo hanno abbandonato. Così, Zeus ha deciso infatti. Non importa; morrò da prode con il petto verso il nemico. Privo di asta, sguaina la spada che gli pende dal fianco, e drizza il viso, aquila protesa. Achille è pronto; ammira la figura bellissima del Troiano, sublime nel sacrificio supremo, mentre studia un punto scoperto e vitale; l’ha trovato. Con mossa fulminea salta addosso al rivale e gli trafigge la gola, quella bellissima gola che nessuna corazza protegge.Ettore, colpito a morte cade; gli rimane ancora un tenue filo di voce. Non faccia il vincitore scempio del suo cadavere; lo renda ai vecchi genitori. Ma Achille respinge ogni richiesta del morente ed anzi lo insulta. Il Troiano non insiste più e predice al vincitore, sicura e prossima fine e muore. Achille si china verso di lui, già fredda spoglia, mentre gli toglie l’arma dalla gola, come s’egli potesse ancora sentirlo e gli dice: serenamente accetterà la morte ora che ha compiuto la sua vendetta. Dopo aver ordinato supremi onori funebri per Patroclo, che soltanto dopo la morte di Ettore avrà requie, lega il corpo della sua vittima al cocchio e si dà a corsa sfrenata. Il misero cadavere trascinato violentemente al suolo, ne rimane atrocemente straziato, imbrattato di polvere e di sangue. Lo spettacolo suscita lo sdegno dei troiani, Andromaca piange tutte le sue lacrime, e Teti stessa si reca ancora una volta dal figlio per indurlo alla misericordia. E’ sera. Achille siede ancora a mensa; benché vittorioso, è triste. D’improvviso il vecchio Priamo, prima che il Greco abbia tempo per impedirglielo, è ai suoi piedi e singhiozzando bacia le mani che hanno ucciso il figlio suo diletto. Pietà, pietà del suo dolore, gli siano concesse le spoglie di Ettore, affinché abbiano esequie degne. Il suo accento è così accorato e così umile nell’implorare che ben presto le lacrime di Achille si confondono con quelle del vegliardo. Pensa l’eroe al padre canuto che tra breve piangerà la medesima sciagura.; pensa ancora all’amico, pensa tuttavia che vano è incrudelire quando i fati sono oramai compiuti e non solo accorda al vecchio padre Priamo quanto chiede ma gli offre riposo per la notte e undici giorni di tregua alla guerra, perché egli possa onorare il figlio morto da eroe.
- …………………… Alfin satollo
di lagrime il Pelide,e ritornati
tranquilli i sensi,
si drizzò dal seggio, e colla destra sollevò il cadente veglio,
il bianco suo crin commiserando . ed il mento canuto.
(Traduzione ; Vincenzo Monti XXIV° 649-654)
Il decimo giorno sopra un’immenso rogo (fuoco purificatore presso i pagani),ardono le spoglie dell’eroe. E il canto di Omero tace. Tace il canto di Omero, ma l’’eco della sua voce ne porta lontano lontano nello spazio e nel tempo gli accenti dolcissimi Dopo tanti secoli il poema è vivo e fresco e la sua lettura appassiona. Gli eroi di Omero sono figure possenti, sublimi, ma pur quanto vicine alla natura umana, alla nostra anima! Il veggente cieco, dopo aver tuffato le sue creature nella sfolgorante luce del sole, volle che sostassero un poco all’ombra. Così che a fianco delle più elette virtù si insinuassero le debolezze dell’umana fragilità. Infine volle per esse il battesimo del dolore fonte di elevazione. E dal lavacro esse usciranno così come abbiamo imparato ad amarle pulsanti di vita, della nostra stessa vita. Anche noi sappiamo che, se pur ci è dato scegliere una via fra molte, creando con la nostra volontà un’esistenza corrispondente a un’idea, esiste sopra di noi un volere supremo, contro il quale è vano lottare. Gesù lo insegnò: “ non mea voluntas, sed Tua fiat ”. Per i greci antichi la vita dell’uomo è dominata dal fato, ossia da una legge al di sopra degli uomini e delle cose. Omero insegna a scorgere la forza di questa legge, nelle vicende degli uomini. Nel poema domina una musicalità squisitamente greca. Nessuna traduzione può renderne la melodia. La ricchezza e la potenza delle immagini, delle masse, dell’efficacia delle descrizioni, ne fanno un capolavoro, certa fonte di ispirazione per i Grandi d’ogni paese e d’ogni epoca. La bellezza, trasfigurazione artistica della realtà, si accosta al divino, per questo l’Iliade, gemma purissima dischiusa all’alba della storia dell’uomo, nè invecchia, né muore.
ILIO
-ILO -
Antichissima città dell’Asia Minore,nei pressi dell’ Ellesponto;capitale della Troade.Fondata da Troo (Tros),discendente di Dardano e ampliata dal figlio di lui Ilo, donde il suo nome di Ilo o Ilio, fu cinta da mura da Apollo e da Posidone durante il regno di Laomedonte. I greci la assediarono per dieci anni per vendicare l’oltraggio fatto da Paride, figlio del re troiano Priamo a Menelao re di Sparta a cui aveva rapito la moglie Elena. La città cadde quando i greci riuscirono ad introdursi in essa nascosti in un enorme cavallo di legno (secondo il calcolo degli antichi nel 1184 a.C.).
Cantata nella sua fase finale da Omero nell’Iliade e da Virgilio nell’Eneide libro II°,la guerra fu ritenuta una creazione dei poeti fin quando gli scavi compiuti da Heinrich Schliemann prima dal 1871 al 1890 e dal Dorpheld poi, dal 1893 al 1894 ne confermarono l’effettiva esistenza storica.
(Vedi Troia cenni storici)
ILLIRIA
Antica regione della Penisola Balcanica. Abitata dagli Illiri i cui confini non furono mai precisi. Per i Greci fu il tratto costiero fra il paese dei Dalmati e l’Epiro; per i Romani tutta la zona compresa fra l’Adriatico e il Danubio. Ancora discussa è l’origine degli Illiri che probabilmente rappresentano una fusione fra un ceppo mediterraneo ed elementi indoeuropei i quali si stabilirono nella seconda metà del secondo millennio nelle Alpi Orientali, nella parte nord-occidentale della Penisola Balcanica e lungo la costa settentrionale del mare.Adriatico. Questo loro insediamento, coèvo a quello che portò i Veneti e i Messapi in Italia e gli Achei in Grecia, consente di accomunare gli Illiri a questi popoli. I Greci, anzi, erano consci della loro comunanza con gli Illiri, tanto che il poco che si sa della loro storia prima della conquista romana, è dovuto alla leggenda greca di Cadmo, che si era traferito da Tebe in Illiria, e che aveva avuto un figlio di nome Illirio, eponimo quindi degli Illiri. Furono questi, una popolazione rozza, che conduceva una vita semibarbara, e che praticò a lungo la pirateria nell’Adriatico a danno della colonizzazione greca, etrusca e romana. Non riusci però mai a costituire uno Stato unitario. Gli Illiri entrarono nella storia dell’Europa soltanto quando nella parte meridionale delle loro terre, si formò un regno che dall’Epiro giungeva fino alla Dalmazia. Questo, con il re Agrone, cui successe la moglie Teuca, venne a scontro armato con Roma, la quale nel 229 a C., per difendere il suo commercio nell’Adriatico, dovette dare inizio a quelle guerre Illiriche che si protrassero fino al 169 a.C. Sebbene l’Illiria non fosse mai completamente romanizzata, dato il carattere impervio delle regioni bosniache, erzegovine, montenegrine, ed albanesi, tuttavia molti elementi illiri ci si inserirono nello Stato romano e giunsero anche alle massime cariche quando, nel II°°s.d.C.,l’esercito divenne il fattore decisivo dell’elezione imperiale. Con Aureliano,(270 d.C.) giunsero al vertice dell’impero romano dominando per un secolo e dando a Roma alcune delle sue maggiori personalità come Diocleziano e Costantino. Ai margini dell’Illiria sorsero città di una certa importanza come, Durazzo (Dyrrachium), Ragusa (Epidaurum), Zara (Jàdera), Salona, che conservarono la loro latinità a lungo, anche durante le invasioni slave. Dopo il secolo VI°°quando si intensificò l’occupazione slava,scomparve il nome Illiria,che riapparve soltanto nel 1809 - (trattato di Schembrunn) con Napoleone, che istituì, nell’ambito dell’impero francese, le “Provincie Illiriche” comprendenti la Carinzia, la Carniola, il Friuli, l’Istria e la Croazia; e poi ancora nel 1813 con l’Austria che fondò il Regno d’Illiria, ma anche questo di breve durata (fino al 1822).
ILO
Figlio di Troo, re di Troia.
IMENEO
Imeneo, o Imene, dio nuziale greco, il cui nome deriva dal grido rituale ”hymen”, ricorrente nei canti di nozze. Raffigurato come un giovane talvolta alato,nel mito era connesso con Apollo e Dioniso. Di lui si narrava una tragica vicenda culminata con la sua morte nel letto nuziale.
(Vedi Urania)
INACO
Re d’ Argo
Nella mitologia greca Inaco (in greco Ἴναχος) è re di Argo e divinità fluviale. Inaco sarebbe il fiume che dalle montagne del Pindo scorreva (e scorre tuttora, sebbene sia un fiume a rischio di prosciugamento) fino a gettarsi nell'Acheloo. Un altro fiume, sempre di nome Inaco, scorreva invece nell'Argolide. La considerazione che si tratti nei due luoghi dello stesso fiume è riportata da Strabone.
Pearson riporta il monte Lacmo (da cui ha origine l'Inaco epirota) si trova a Nord Est dell'Epiro; da lì sorge l'Inaco, scavando una lunga valle che corre verso Sud, parallela al Pindo (catena di monti tra la Tessaglia e l'Epiro). Scorre attraverso le alte terre dei Perrebi (una tribù epirota). Taglia il territorio dell'Argo d'Anfilochia e infine, al confine con l'Acarnania, si getta nell'Acheloo, che, sorgendo anch'esso, come l'Inaco, sul monte Lacmo, divide l'Acarnania dall'Etolia. L'Inaco Argivo sorge invece nelle alture tra l'Argolide e l'Arcadia, di cui una parte era chiamata Artemysion ed un'altra Lyrceion. L'Inaco argivo scorre attraverso la regione della città di Lyrceia (all'incirca 70 km a nord ovest di Argo).
INCUBAZIONE
Forma di divinazione o consultazione di divinità mediante i sogni. La pratica era particolarmente in uso nella Grecia antica,ma trova riscontri anche altrove,come per esempio nell’antico Egitto,in Asia Minore,e presso le popolazioni pre.colombiane d’America. Secondo la credenza greca,a chi dormiva sulla nuda terra,i morti apparivano in sogno a predire il futuro,(o era la terra stessa che, quale dea,inviava sogni premonitori).
Nel santuario di Dodona,la consultazione dell’oracolo era fatta da sacerdoti,che passavano la notte dormendo sul nudo suolo. Nei famosi santuari del dio medico Esculapio, ad Epidauro, nell’isola di Cooso a Roma nell’isola Tiberina, i malati cercavano la guarigione nell’intervento del dio che nel sogno rivelava la cura adeguata,o semplicemente prometteva il miracolo.
Un sacerdote spiegava i sogni avuti dagli incubanti e prescriveva i medica menti di carattere empirico,a base di vino e miele.
(ritorna a ONIROMANZIA
INCUBI
Esseri demoniaci che in varie religioni antiche e primitive o nelle credenze popolari,personificano uno stato di oppressione notturna,vessano i dormienti giacendo su di loro (il nome latino significa “colui che giace sopra”) e facendone altrettanti “succubi”cioè soggiacenti alla loro volontà.
Presso gli antichi Romani,incubo era un epiteto del dio Fauno e incubi i Fauni.
(ritorna a Fauno)
INFALE
Regina (vedi ERCOLE in altre gesta)
INFERNO
Luogo sotteraneo deve si riunivano le anime per essere giudicate L’ingresso era custodito da Cèrbero,e il traghettatore era Caronte. Vi scorrevano i fiumi Flegetonte, Acheronte, Cocito, Stige e Lete. Si divideva in: ”Erebo”, (soggiorno delle Furie, delle Parche e della Morte),”; Inferno“ (con le anime dei tristi); ”Tartaro” (soggiorno dei Giganti e dei Titani), ed “Eliso“ (soggiorno delle anime buone)
INIZIAZIONI
pratiche rituali diffuse presso gli antichi Romani con cui si veniva introdotti ai misteri e rilevare religiosamente l’introduzione dei giovani nella società degli adulti.
INO
Ino fu la seconda moglie di Atamante. Dalla loro unione nacquero Learco e Melicerte. Atamante aveva avuto da Nefele altri due figli, Frisso ed Elle, che Ino odiava e di cui voleva liberarsi. Convinse allora le donne del popolo a riscaldare nel forno il grano conservato per la semina, affinché, una volta seminato, non crescesse, gettando così il paese nella carestia. Atamante inviò i propri messaggeri all'oracolo di Delfi per chiedere consiglio, ma Ino li corruppe affinché riferissero che secondo l'oracolo il re avrebbe dovuto sacrificare Frisso sull'altare di Zeus. Atamante fu costretto ad acconsentire, ma Frisso ed Elle chiesero aiuto alla madre Nefele, che inviò loro un ariete dal vello d'oro, in groppa al quale essi fuggirono.
Dopo la morte della sorella Semele, madre di Dioniso, Ino persuase Atamante ad allevare il piccolo dio, nato dall'unione di Semele con Zeus. Era, sposa di Zeus, per vendicarsi del tradimento, fece impazzire Atamante che, incontrati la moglie e i figli, li scambiò per cervi e li assalì, uccise Learco scagliandolo contro uno scoglio e lanciò Melicerte in mare. Nel tentativo di salvarlo, Ino si gettò a sua volta in mare, e per volere di Afrodite (la cui figlia Armonia era la madre di Ino), i due furono trasformati in divinità marine, protettrici dei marinai: Leucotea, la «dea bianca» o la dea del cielo coperto di neve, e Palemone.
(vedi, o ritorna ad ATAMANTE)
(vedi CADMO)
IO
Eroina nel mito greco, figlia di Inaco re d’Argo. Zeus si innamorò di lei, ma Era, gelosa, la trasformò in vacca dandola in custodia al mostro Argo. Zeus,fatto uccidere Argo da Ermete, si unì a lei in forma di toro. Io, perseguitata da un tàfano inviato da Era, fuggì in Egitto (Vedi Bosforo in note), dove riprese la sua primitiva forma di fanciulla e diede alla luce Epafo che divenne poi, re della regione.
- Io a Canopo in Egitto
- L'affresco, in IV stile, raffigura l'arrivo di Io a Canopo in Egitto. La fanciulla, sulla sinistra, figlia del re di Argo, Inaco, dalla carnagione chiara, con un manto fluente color violetto dietro le spalle, e ancora con le piccole corna sulla fronte a ricordare la sua trasformazione in giovenca voluta da Zeus per evitare la persecuzione di Hera, dopo un lungo peregrinare, giunge con un Tritone (secondo altri, la personificazione del fiume Nilo) dalla barba fluente sulle coste della località egizia. Qui, ad accoglierla, è la dea Iside, che, seduta su un trono, con un'acconciatura dei capelli a boccoli tipica delle principesse alessandrine e libiche, e un cobra che si attorciglia al braccio nella mano sinistra, poggia i piedi su un coccodrillo, mentre offre benevolmente la sua mano destra ad Io. Alla sua destra vi è una figura di Arpocrate, seduto, con l'indice della mano destra alla bocca, accanto al quale vi è una piccola base con sopra una situla d'argento. Alle spalle di Iside vi sono, poi, due sacerdoti: un maschio, con sakkos sulla testa, manto che lascia scoperta la spalla destra, sistro nella mano destra e caduceo dorato nella sinistra, da cui pende una piccola situla, e una femmina, con veste bianca, con un lungo scettro nella sinistra, nell'atto di reggere nella mano destra un sistro. Una statua di sfinge su alta base collocata sulla sinistra e un altare a corni sul fondo indicano che la scena si svolge nei pressi di un santuario. L'affresco, a soggetto piuttosto raro, presente a Pompei solo in un altro esemplare dalla Casa del Duca di Aumale (VI, 7, 21), deriva certamente da un prototipo ellenistico, probabilmente alessandrino del III secolo a.C., ispirato dalla necessità della dinastia tolomea di legittimare il proprio potere attraverso immagini che, in qualche modo, documentassero, attraverso miti come questo, le comuni origini tra Egizi e Macedoni.
(Ritorna a Epafo)
IOLAO
- Figlio di Ificle e compagno di Ercole che aiutò ad uccidere l’Idra di Lerna.
IOLCO
- Città della Tessaglia dalla quale gli argonauti partirono alla conquista del vello d’oro.
IOLE
- Figlia di Eurito re di Ecalia, amata e rapita da Ercole e da lui data in sposa al figlio prima di morire.
IONE
Capostipite eponimo degli Ioni, figlio di Apollo e di Creusa, ma allevato dalla sacerdotessa di Delfi venne poi adottato dal marito di Creusa, Xuto, re di Atene, a cui succedette.
- IONE
- Autore: Euripide
- Titolo originale: ἼωνV
- Lingua originale: Greco antico
- Ambientazione: Delfi, Grecia
- Prima assoluta: Tra il 413 ed il 410 a.C.
- Teatro di Dioniso, Atene
- Trama
- Creusa, moglie del re di Atene Xuto, aveva avuto dal dio Apollo un figlio, chiamato Ione. Il marito era ignaro di tutto ciò, e proprio per questo motivo dopo il parto Creusa aveva lasciato il bimbo in una grotta, destinato alla morte. Tuttavia, su ordine di Apollo, il dio Ermes aveva preso Ione e l'aveva portato presso l'oracolo di Delfi, a fare da servitore. Anni dopo, Creusa e Xuto si recano proprio a Delfi per sapere come mai non riescono ad avere figli. Qui Creusa e Ione si incontrano e parlano, ma non si riconoscono. L'oracolo predice a Xuto che la prima persona che incontrerà uscendo dal tempio sarà un suo figlio. All'uscita, Xuto si imbatte in Ione e, credendolo il frutto di una sua avventura passata, lo convince a seguirlo ad Atene per diventare erede al trono. Creusa non accetta la scelta del marito, poiché avrebbe voluto sul trono un proprio figlio, così progetta di uccidere Ione. Il piano fallisce e solo l'intervento della Pizia permette il riconoscimento fra madre e figlio. Infine, appare la dea Atena ex machina, che suggerisce una soluzione: tenere Ione come erede al trono, lasciando credere a Xuto che si tratti di suo figlio.
IONI
- Uno dei rami degli Elleni.(eroe eponimo-Ione), loro sede il Peloponneso.
Nota storica - Gli Ioni, scacciati dai Dori, si stabilirono nell’Attica, in Eubea, sulla costa dell’Asia Minore tra i fiumi Meandro ed Ermo, (Ionia) e sulle adiacenti isole dell’Egeo facendone un focolare di civiltà.Dodici città della Ionia fiorirono e formarono una“lega Ionica ”più religiosa che politica: Mileto, Miunte, Priene, Samo, Efeso, Colofone, Sebedo, Eco, Eritre, Chio, Clazomene, Focea; più tardi, si unì alla lega Smirne originariamente eolia. La Ionia fu invasa due volte dai Cimmeri, verso il 650 a.C., e da Gigere di Lidia verso il 600 a.C.,Vassalla di Creso e poi dei Persiani e l’insurrezione Ionica, promossa da Aristagora, di Mileto, 499 a.C., diede origine alle guerre tra la Persia e la Grecia.
IONICO
IONICO – Uno dei tre ordini classici architettonici. Si pone come ordine intermedio tra la severità dell’ordine dorico e la leggiadria decorativa del corinzio. Prende il nome dalla Ionia, colonia greca dell’ Asia Minore ove ad Efeso, sorse il primo tempio in questo stile. Caratteristiche principali dell’ordine sono: il capitello a forma di cuscino, arrotolato in larghe volute ai lati, la colonna con base formata da varie modanature poggiante su uno zoccolo a forma quadrata, detto plinto. Il fusto più leggero di quello dorico, è inciso da ventiquattro scanalature ad angoli smussati. La trabeazione è divisa in fasce aggettanti, mentre il fregio è coronato in alto da una ininterrotta serie di dentelli, oppure consiste in un bassorilievo istoriato. Ripreso largamente,con poche varianti a Roma, fu, come l’ordine corinzio, usato nell’architettura rinascimentale, barocca e neo-classica.
IONIE
–(in greco Iònici- Nèsoi)- Gruppo insulare situato nella parte orientale del Mar Ionio,lungo le coste della grecia occidentale. Le isole principali sono: Cefalonia (Kefallènia), la maggiore per estensione con una superfice di 781 kmq.; Corfù, con 592 kmq., Leucade o Santa Maura(Leukas), con 303 kmq., Zante o Zacinto (Zakinthos) con 402 kmq., Itaca (Itrjake), con 93 kmq., e altre minori. Le principali città sono: Corfù, Zante e Leucade nelle isole omonime, Argostoli o Argostolion quella di Cefalonia.<br/> – Le isole note ancora dall’età omerica, presentano un rilevante interesse archeologico, e storico.
IP-IU
IPPARCO
- Matematico e astronomo greco del II°s.a.C., nato a Nicea e vissuto soprattutto ad Alessandria e a Rodi. Nonostante abbia contribuito a far abbandonare la teoria eliocentrica, che appariva inspiegabile con i dati allora conosciuti, viene considerato il più grande astronomo dell’antichità. Tra i suoi numerosi lavori si ricordano: la determinazione di 365 giorni e 6 ore la lunghezza dell’anno solare; la scoperta della ”precessione degli equinozi”; il computo della distanza, della grandezza e del movimento eccentrico del Sole e della Luna; la spiegazione della diversa durata delle stagioni sulla Terra; la compilazione del primo catalogo stellare oltre ad aver gettato le basi della trigonometria, costruì o perfezionò gli strumenti astronomici in uso in quei tempi; inventò l’Astrolabio”e la “Diottra” (teodolite dell’antichità.)
IPPIA
– Filosofo greco nato a Elide, vissuto tra la seconda metà del V° s,a,C., e la prima metà del IV°. E’uno dei rappresentanti più tipici del movimento sofistico. Grazie alle numerose ambascerie, specie a Sparta di cui fu incaricato dai suoi concittadini; ebbe il modo di girare tutto il mondo greco e di acquistare ricchezze e fama.
Ci sono rimasti titoli dei suoi scritti: ”Il discorso Troiano”, le “Denominazioni dei popoli”, il “Registro dei vincitori di Olimpia”, e la“Raccolta”, di cui è difficile stabilire il contenuto . Tutto ciò che sappiamo di lui, possiamo desumerlo da Platone, che ne ha fatto una sferzante caricatura, in due dialoghi (l’ Ippia Maggiore e l’ Ippia Minore).
Il tratto caratteristico della sua filosofia è la “Multiscienza”,cioè un sapere enciclopedico e vario, che andava dalla geometria alla musica, dalla matematica all’astronomia, dalla retorica alla politica (e in politica si faceva banditore di cosmopolitismo, basandosi sulla convinzione che ”in natura il simile è parente del simile, mentre la legge, tiranna degli uomini, commette molte violenze contro natura”...A questo sapere enciclopedico di cui menava vanto quando diceva di saper rispondere meglio di qualunque altro a qualsiasi domanda su qualsiasi argomento,o quando esibiva, come frutto della propria abilità, tutto ciò che portava con sé, si accompagnava l’insegnamento della mnemotecnica o arte del ricordare.
Note storiche: Ippia e Ipparco, figli del tiranno di Atene Pisistrato, furono anche detti i Pisistratidi. Ipparco succedette al padre, e governò, forse coadiuvato da Ippia dal 527 al 514 a.C., in uno dei periodi di maggior splendore della storia di Atene, che già si avviava a diventare i centro della cultura e della civiltà greca. Alla sua corte furono i poeti Simonide, e Anacreonte. Fu ucciso nel 514 da Armodio e da Aristogitone. Gli succedette Ippia che divenne però ben presto impopolare per sospetta simpatia verso i Persiani. Fu facile quindi per gli Alcmeonidi, una delle maggiori famiglie aristocratiche di Atene, esiliate dai tiranni, organizzare una rivolta con l’appoggio del re di Sparta Cleomene, che invase l’Attica e assediò l’Acropoli (510). Ippia ebbe salva la vita ma dovette abbandonare la città. Si ritirò quindi in un suo possedimento sull’Ellesponto, il promontorio Sigeo,dove governò come vassallo del re dei Persiani. Nel 490 seguì questi in Grecia sperando di poter riottenere il dominio su Atene, ma morì poco dopo.
IPERIONE
- Titano figlio di Urano e di Gea, padre del Sole, della Luna, e dell’Aurora.
Nell'Iliade e nell'Odissea di Omero il dio Sole viene chiamato Helios Hyperion ma nella Teogonia di Esiodo e nell'inno a Demetra di Omero il Sole viene chiamato una volta in ogni opera Hyperonides, figlio di Iperione; è quindi chiaro che si tratterebbe di due distinte entità, perlomeno a opinione di Omero e del suo presunto rivale Esiodo.
I Greci pensavano, inoltre, che il Sole si potesse paragonare ad Ade, in quanto dopo essere tramontato nel mare, perde luce, e per riacquistarla deve unirsi a sua moglie, la regina della notte Perseide. Anche Ade, infatti, trova il realizzarsi della sua completezza nell'unione con sua moglie Persefone (si noti la somiglianza del nome con Perse) o Proserpina. Comunque dall'amore di Helios e Perseide, nasce Circe, una maga dagli enormi poteri, in grado addirittura di trasformare, nell'Odissea di Omero, i compagni di Ulisse in porci.
(Vedi Titani).
IPERMNESTRA
- Una delle Danaidi, moglie di Linceo. Sola tra le cinquanta sue sorelle che non volle uccidere il proprio marito la notte delle nozze.
((Vedi DANAIDI)
IPPOCRATE
– Medico greco, uno dei maggiori dell’antichità, nato nell’isola di Coo, circa nel 460.a.C., morto in Tessaglia nel 377-Discnendente di un’illustre famiglia di medici, viaggiò lungamente ed esercitò la professione in Tracia e in Tessaglia. Fondò a Coo, una scuola medica interessata alla personalità del malato, alle sue reazioni e ai suoi rapporti con l’ambiente, e alla fisiologia basata sull’osservazione clinica, la medicina ippocratica contribuì a combattere le pratiche magiche-religiose, fino a quel tempo radicate. Essa può quindi essere considerata come il primo serio tentativo di medicina su basi scientifiche.
Nel secolo III°a.C., si raccolsero come “ippocratiche” una sessantina di opere del secolo precedente, provenienti da un gruppo di scuole mediche, fra cui quelle di Coo.
Note: Solo alcune delle opere raccolte vennero poi tradotte nel Rinascimento sotto il titolo di “Hippocratis Opera Omnia”
- "Ars longa, vita brevis"
- (L'arte è lunga, la vita è breve")
Il senso è questo: in tutte le arti la vita dell'uomo è insufficiente per raggiungere la perfezione, che presuppone l'esercizio progressivo di più generazioni .
IPPODAMIA
- Mitica eroina greca figlia di Enomao re dell’Elide. Secondo altra versione, figlia di Adrasto, re d’Argo. Sposò Piritoo re dei Lapiti, ma un centauro che assisteva alle nozze, tentò di rapirla venendo ucciso da Teseo.
IPPODAMO
di Mileto
– Architetto e urbanista greco del V°s.a.C.- Considerato l’inventore della disposizione delle città secondo strade che si incrociano ad angolo retto fra loro (ortogonali). Un esempio ne è il porto di Atene, il Pireo.
In realtà si hanno città con simile disposizione anche precedentemente e Aristotele, considerandolo l’inventore della “divisione delle città” indica chiaramente che fu soprattutto un teorizzatore di un’urbanistica che corrispondeva ad una sua visione politica, con città di 10.000 abitanti divisi in artigiani, contadini, militari, ed il suolo diviso in; sacro, pubblico e privato.
D’altra parte tra la fine del VI° e la fine del V°s.a.C., si hanno città a pianta ortogonale; Mileto, Metaponto, Napoli, ecc. In effetti Ippodamo deve aver particolarmente curato un sistema urbanistico in cui l’edilizia privata era regolata da precise leggi.
Le città erano orientate secondo i punti cardinali, oppure secondo la costa marina e distribuite se in collina in terrazzamenti digradanti.
(ritorna a Hierapolis)
IPPOLITA
- Nome di due personaggi femminili: l’una, regina delle Amazzoni, figlia di Marte e sposa di Teseo, L’altra, moglie di Adcasto re di Iolco: accusò Peleo, che non aveva ceduto alle sue seduzioni, di averle voluto recar oltraggio.
IPPOLITO
- Figlio di Teseo e dell’amazzone Ippolita; di straordinaria bellezza,castità e religiosità, fu dalla matrigna Fedra, di cui aveva respinto l’amore, accusato di violenza. Posidone, pregato da Teseo, ne causò la morte. Secondo una versione del mito fu poi richiamato in vita da Asclepio.
IPPOMENE
– Eroe mitico (vedi ATALANTA)
IPPONATTE
– Poeta lirico greco, nato a Efeso e fiorito verso la metà del VI°s.a.C. Nobile decaduto, e secondo la tradizione, zoppo e deforme, fu definito ”poeta dei bassifondi”, perché frequentò sordidi ambienti di malaffare, evocando nella sua lirica, risse, furti, raggiri, oscenità d’ogni genere. Nel 542 circa emigrò a Clazomene. Restano di lui un centinaio di frammenti, in massima parte in trimetri giambici scazonti (zoppicanti); gli sono attribuiti con fondamento i cosidetti epodi di Strasburgo.La sua lingua, mista di elementi Lidi, è un elemento importante di quel sincretismo ionico-asiatico che si manifesta anche sul piano del costume e della cultura. La sua poesia, irrilegiosa, sino alla bestemmia è traboccante d’invettiva e di sarcasmo, mostra un’umpressionante fermezza di segno e manifesta l’amarezza del suo carattere.
IRIDE
Iri I.
- Mitica personificazione greca dell’arcobaleno. Una versione la dice figlia di due esseri marini, Taumante ed Elettra, un’altra di Atlante. Concepita alata aveva la funzione di messaggera degli dèi e veniva messa in particolare relazione con Era, della quale era messaggera, così come degli altri dèi.
ISOCRATE
– Oratore greco (Atene 436 a.C.,- 338)- Allievo di Socrate e di Gorgia, fu dapprima logografo, (cioè autore di arringhe giudiziarie) e poi nel 393 circa, aprì un’importante scuola di eloquenza. L’esilità della voce e l’innata timidezza gli impedì di gettarsi nell’arengo politico, ma si sforzò con un’intensa attività pubblicistica, di ridestare l’unità greca, già raggiunta con le guerre persiane, presagendo, sia pur vagamente l’ellenismo. Vagheggiò una divisione delle egemonie, e l’unione delle pòleis, sotto una monarchia illuminata (Filippo di Macedonia), caldeggiando una crociata antipersiana. Tali prospettive si colgono attraverso i suoi principali discorsi; il “Panegirico”(380), manifesto della seconda lega -delio-attica- imperniato sull’idealizzazione di Atene; il “Plataico”(circa 373) e più tardi l’Orazione sulla Pace” (355), contro il dispotico imperialismo ateniese, il “Filippo” (346),lettera aperta al re macedone sollecitato ad ellenizzare la sua politica, e il “Panatenaico” (342-339), nostalgico rifugio nel panellenico, proprio nel momento più acuto della lotta antimacedone capeggiata da Demostene. Nonostante gli entusiasmi che nell’ultimo secolo hanno talora suscitato le concezioni di Isocrate, accecato da un idillico moralismo e incapace di comprendere gli ineludibili fermenti della libertà comunale, i suoi discorsi appaiono anacronistici e letterari. Il suo stile, frutto di un meditato studio di tutte le risorse della collocazione e dell’euritmia , è costruzione di una mirabile regolarità e chiarezza. Dei sessanta discorsi attribuitigli, molti sono spuri.
ISOLE
JONIE
– L’arcopelago di undici isole, piccole e grandi sparle lungo le coste della Gracia occidentali, con una superficie di circa 2.200 kmq, è noto con il nome di isole Ionie. Sei sono le maggiori: Zante, Itaca, Corfù, Cefalonia; Lefkada e Paxi, mentre quelle più piccole sono Antipaxi, Erikousa, Mathraki, Othoni, Meganisi e il gruppo delle isolette deserte delle Strofadi a Sud di Zante. Le prime sei insieme a Citera che si trova lontana dalle rimanenti, di fronte al Preloponneso meridio nale e alle coste della Laconia, ed alla vicina Anticitera, costituiscono l’Eptaneso. Nelle profondità dei millenni si trova il remotissimo passato delle Isole Ionie conosciute per la prima volta con i versi dell’Odissea di Omero.
Ad Itaca visse e operò il geniale Ulisse, sovrano dell’isola e nel mar Ionio si svolsero parte delle peripezie dell’eroe.- Corfù si identifica con l’isola omerica dei Feaci: Le maggiori tappe della loro storia sono: colonizzazione da parte degli abitanti del Peloponneso e dell’Eubea nella metà del VII° sec.a.C.- Coinvolgimento degli eptanesi nelle Guerre del Peloponneso tra Atene e Sparta (431-404a.C.).- Sottomissione ai Romani nel197 a.C.- Dominio Veneziano(1204-1797).– Stato dell’Eptaneso (1800-1807).- Occupazione Francese(1807-1814).-Protettorato Ingle se (1814-1864).- Unione alla Grecia 1864.
Nell’azzurro sconfinato del mar Ionio, spuntano come preziosi gioielli con la loro meravigliosa natura, le abbondanti acque, le eccezionali città e paesini, il clima mite, le splendide spiagge con i golfi ben protetti ed il mare cristallino e gli interessanti siti archeologici.
ISSIONE
- Mitico eroe greco, prototipo della violenza; figlio del sacrilego Flegias (o Ares), dio della furia guerriera, re dei Lapiti, favoloso popolo selvaggio della Tessaglia. Per aver ucciso il suocero (fu la prima uccisione di un parente), cadde nella follia, dalla quale Zeus lo salvò purificandolo, accogliendolo nell’Olimpo e facendolo immortalare; qui Issione tentò di violentare Era, la sposa di Zeus, e perciò punito per l’eternità e legato ad una ruota infuocata che volteggia per l’aria (forse un’immagine mitica del disco solare).
ITI
– Figlio di Teseo
(vedi FILOMELA)
IULO
o Ascanio
Iulo è il nome del figlioletto di Enea chiamato anche Ascanio (Eneide libro II°)
- IULO
- Nell'Eneide di Virgilio sono molti i versi dedicati ad Ascanio. Durante la notte della caduta di Troia viene improvvisamente avvolto da una misteriosa lingua di fuoco che lo lascia indenne: chiaro segno di una protezione da parte degli dei. Enea riesce comunque a fuggire da Troia con il figlio e sbarca prima a Cartagine presso la regina Didone (che s'innamora di Enea per una freccia scoccata da Cupido che ha assunto l'aspetto di Ascanio), quindi nel Lazio, dove è accolto dal Re Latino, che gli promette in sposa la figlia Lavinia. Qui però Ascanio, durante una battuta di caccia, ferisce a morte accidentalmente la cerva domestica di un giovane cortigiano del re, Almone; troiani e latini passano dalle parole alle armi; Almone viene colpito alla gola da una freccia e si accascia morto al suolo. Scoppia così la guerra, nella quale Ascanio ucciderà Numano, cognato di Turno, re dei Rutuli. La guerra è vinta dai troiani; dopo la morte di Enea, Ascanio (o Iulo) fonda Alba Longa. Suoi discendenti saranno Romolo e Remo.
- Tito Livio, nel suo Ab Urbe Condita, non chiarisce la maternità di Ascanio. Se infatti all'inizio del suo racconto, l'attribuisce a Lavinia, più avanti riporta che potrebbe essere figlio di Creusa. Di certo, conclude Livio, Enea ne è il padre.
-
« Questo Ascanio, quali che fossero la madre e la patria d'origine, in ogni
caso era figlio di Enea. »
(Tito Livio, Ab Urbe Condita, 1, 3.) - Morto Enea, Lavinia, incinta, si allontana dalla reggia per contrasti con Ascanio. Si rifugia in casa di Tirro, il padre dello sfortunato Almone, dove partorisce Silvio. Paventando il rischio di nuove tensioni con Tirro, che a lungo gli aveva serbato rancore per aver provocato la rissa in cui era morto il figlio, Ascanio fa richiamare Lavinia.
- Tito Livio attribuisce ad Ascanio la fondazione di Alba Longa sul Monte Albano.
- Ascanio veniva inoltre chiamato Iulo (latino: Iulus). Da Iulo secondo la propaganda augustea derivò la gens Iulia, a cui appartenne Gaio Giulio Cesare e che con Ottaviano Augusto assurse al rango di prima Dinastia Imperiale, in seguito divenuta Dinastia Giulio-Claudia. Gli successe Silvio, suo fratellastro secondo alcune fonti[senza fonte], suo figlio secondo Tito Livio.
- La figura di Ascanio nell'arte.
- Nell'Incendio di Borgo, affresco di Raffaello Sanzio nelle Stanze Vaticane, all'estrema sinistra sono rappresentati Enea, Anchise e Ascanio fuggenti da Troia in fiamme: Enea porta sulle spalle il vecchio padre, affiancato dal figlio. In un altro celebre complesso di affreschi, quello di Villa Valmarana ai Nani, realizzato da Giovanbattista Tiepolo, Enea presenta Amore a Didone, nelle sembianze di Ascanio è uno degli episodi che compongono la Sala dell'Eneide. Si ricorda infine Ascanio uccide la cerva di Almone, opera pittorica di Corrado Giaquinto.
K
KETO
Ceto (in greco Κητώ Kētṓ κῆτ|ος kḗt|os, ovvero "grande pesce, balena") è una divinità della mitologia greca, figlia di Ponto e di Gea, avente sembianze di mostro marino.
È sorella di Nereo, di Taumante, di Forco ed Euribia. Sposò il proprio fratello Forco e gli dette numerosi figli: Echidna, Scilla, le Graie, le Gorgoni la ninfa marina Toosa, il drago Ladone che custodiva i pomi delle Esperidi e le stesse Esperidi. Ceto era la personificazione dei pericoli del mare e, in senso più lato, delle paure nascoste e delle creature estranee.
Come indica lo stesso nome (si pensi alla parola cetaceo), Ceto era raffigurata spesso come un mostro marino dalla foggia di grande pesce o balena. Nell'arte greca Ceto era rappresentata come un incrocio tra un pesce (o, talvolta, come un'altra creatura marina) e un serpente.
(da wikipedia)
KOINE’
Lingua comune della Grecia in età ellenistico-romana,e per estensione, lingua comune a idiomi dialettali. L’espressione ”koinè dialektas”, fu coniata per designare la lingua letteraria che, a partire dal IV°s.a.C., prese a diffondersi in tutta la Grecia e nel mondo ellenico soprafaccendo lentamente i preesistenti molteplici dialetti. Naturalmente, come ogni lingua comune, anche il koinè ebbe in origine una base dialettale che fu l’Attico; può quindi definirsi un’attico depurato al massimo di particolarità regionali.
KOUROS
e KORE
– Signiificano rispettivamente, fanciullo e fanciulla, usato dagli storici dell’arte antica per indicare due tipi di statue-maschile, nuda; femminile, vestita;
care all’arte plastica arcaica greca, tra la seconda metà del secolo VII° e il 480 a.C.
Secondo una tradizione superata, le figure maschili erano chiamate “apollini”, mentre è chiaro che non rappresentano nessuna divinità in maniera speciale ma solo immagini plastiche, in piedi, non impegnate in un’azione o racconto, ma motivo di ricerche formali.
Corrispondente femminile, la kore, fanciulla panneggiata, di cui furono trovati numerosissimi esemplari nella cosiddetta ”Colmata persiana” dell’Acropoli di Atene, offerte votive ad Atena Parthenos.
Il valore rappresentativo astratto delle figure femminili per l’età arcaica è documentato anche nelle cariatidi dell’Eretteo di Atene, che sostituiscono delle colonne.
NOTE