INNO A MIO PADRE

 

R ivedo apparir all’uscio uno sconosciuto,
Lacerante il palpito, un tuffo al cuore.
Alle mie giovani luci, Lui!
Lacero, incolto, cencioso,
a brandi di juta,
gambe, piedi e corpo soccorsi;
tal sovvienmi Papà mio.
Irridente la vita,
d’un tardo autunno a guerra finita,
oltre i confini del credibile,
il suo ritorno in famiglia.
A malasorte, da lontane sponde, dai liti del Baltico,
senza mezzi che di fortuna,
tra macerie e bronchi e fonti di dolori.

recita l'Autore

d’istinto percorse a superar tenace
sofferti rischi e severi stenti
le contrade d’Europa sconvolte.
Trepido ritrovar noi,
miracolati, indenni figli suoi,
l’amata moglie Ada, la casa agognata,
i patri liti, le dolci note sponde.
Uomo; Carlo di nome, Ulisse di fatto,
d’onesto lavoro pria e di poi,
la famiglia soccorse,
Buono, virtuoso, sino alla morte.

Nevio Mastrociani Bertola
Trieste, 2 giugno 2011