Qui alcune poesie.
Qui alcune poesie.
M
eravigliosamente bella eri
quando sei venuta.
Ora stai andando lentamente via,
non sei più quella.
Forse la colpa è mia,
non m’ero accorto.
Piangerò domani.
oggi
questo istante bello m’appartiene.
Per l’eternità
Così pallida, emaciata
Sempre alla finestra ad aspettare.
E’ malata, forse,
gravemente?
L’ha vista il medico.
Che ha detto?
E’ soltanto mal di cuore.
Passa in fretta
Addormentarmi
Sognando che il risveglio
Non mi rapisca più’
RESTA, NON TE NE ANDARE
Mamma, chi sei?
Fantasma,
spettro che accompagna
i miei sogni di bambino
e si dilegua al ridestarmi troppo presto
quando il gallo canta e mi riporta al giorno.
Mamma, chi sei?
Dolcissima illusione
che vive in me nel sogno bello che da tempo,
oh quanto, quanto tempo,
vivo condannato a sognar soltanto
e che il cantar del gallo
sottrae da sempre,
e mi ridesto
e so che questa veglia è falsa e non è mia.
Mamma, chi sei?
Sei questo mare dal colore intenso
in cui rivedo il blu di quell’inchiostro usato da bambino
e in quel blu mi perdevo
e il tempo si fermava
e tutto di me vi s’immergeva
e navigavo in sogno
verso terre lontane
e mi parevan momenti già vissuti
ed i colori e le paure,
provate e ritrovate e le avventure
e tutto s’allargava in sconfinati cieli
dove scoprivo di poter volare,
sospeso in quel blu,
come mi sembra di poter rifare adesso
ed inseguivo senza saper che cosa
in quell’inchiostro, allora,
in questo mare adesso.
Mamma, sei tu quel che cercavo
e che non trovo ancora?
E’ quel sapor di sale sulla pelle,
quel sapor di donna misterioso
che quel sogno m’ha impregnato i sensi
e può fantasma riportare?
Mamma, chi sei?
Se te ne vai, così, svanendo
come farò a saperlo?
Non te ne andare,
resta il giorno ancora il gallo non richiama.
E’ notte, il mondo bello del sognare, dove e’ concesso pure
il sapor di donna ad’uno spettro,
dove i fantasmi sono quel che s’ e’ cercato
e nei sogni si ritrova e ci ridanno pace.
Mamma, rimani ancora,
poi al chiaror dell’alba
passerai la soglia che a me e’ vietata, ora.
Che un tempo, mamma,lo sai tu quando?
Varcheremo insieme.
Nel più’ lungo sonno.
ORGASMO
Q
uel rantolare stanco,
appena affievolito
che accompagna in sordina
un godimento pieno, completo
in cui gli occhi arrovesciati
guardano il mistero,
le dita attanagliate con l’unghie
ad un appiglio
nella terra quasi immaginata
e irrigiditi ancora gli arti
ed imperlata sulla pelle
di umori vitali una rugiada.
Persa nel nulla,
sprofondata in abissi di tempo
ove il piacere e’ in assoluto
essenza stessa della vita.
Sei l’ancestrale archetipo della madre
ed io, uomo, son solamente figlio
Caffè Secession
U
na tazza di the sul tavolo di marmo
sorretta da tre zampe di leone (od era drago?)
Le sedie nere,
gli specchi incorniciati da volute d’oro.
...Ancora un caffè?.. e chi lo paga?...
ti rimane qualcosa?
..hai ancora qualcuna? le vendon sciolte.
E’ venuta?, c’e’ stata?
La Boheme. Shunard ed accennata appena
“Vecchia Zimarra”,
come al Momus.
E poi Leopardi, Chopin.
Hai visto Cerne?
Il gallo, la sua miglior scultura
ed il parlar di Freud, di dio.
Le voci mescolate insieme con le ordinazioni,
quel parlar di cose grandi,
noi adolescenti ancora,
quell’aria impregnata di fumo,
di pipa, di toscano.
Il vecchio professore al tavolo vicino.
...Non posso, devo andare, ho fretta ...
verrai domani? andiamo in Carso anche se piove.
La Speleopaleontobiobotanica
il circolo scientificoletterario,
la sede in quel caffè, quel tavolino in fondo
accanto la vetrina, in viale.
Vi andava Joice
e Saba
e venivamo noi. noi quattro,
qualche amico anche, che non era dei nostri,
qualche ragazza, a volte, che stava poco,
(poi uscivamo assieme per le alte)
Vecchio caffè’
che col tuo nome Secession, altisonante,
ci facevi sembrare adulti, già’ importanti.
sei scomparso anche tu senza una traccia
come lui* in Cambogia,
e tu**in Giappone, te li ricordi ancora
quei proponimenti, i progetti, i voli nel futuro.
e tu fratello mio***cosi vicino nei sogni
nelle idee, nei sentimenti, nelle scelte
nei dubbi, nelle angosce nelle gioie
non hai voluto attendere, oppur non hai potuto.
Ma nel duemila al primo tocco,****
sotto gli spalti del castello, a quell’appuntamento,
ci troveremo come allora ad ordinar dell’acqua
in quel vecchio fumoso caffè,
impregnato di ricordi,
in viale, al tavolino in fondo, accanto alla vetrina.
Pincky
* Arnaldo Marini
** Sergio Sossi
*** Fulvio Sambo
***** alla fine degli anni quaranta, ci eravamo promessi di ritrovarci alla mezzanottte del 2000 sotto gli spalti del Castello di S.Giusto.
L’unico ad esserci è stato Giancarlo d’Italia.
Novembre in piazza Unità
L
a piazza è deserta.
Le pozze di pioggia
riflettono luci sbiadite ed il cielo.
Un plumbeo colore di cielo
promette altra pioggia,
che il vento gelato d’autunno
fa punger la pelle del viso.
Gli occhi socchiusi li asciugo coi baci
e ti stringo vicino,
ti copro
e sorridi
e il freddo va via,
Ti ricordi?
Un novembre lontano, il tempo fermato,
ti guardo,
mi guardi,
ti amo
e corriamo saltando le pozze,
cerchiamo il riparo del volto.
Il vento ci ha tolto il respiro,
i capelli inzuppati,
la tela cerata grondante,
il cappuccio caduto.
E ancora sorridi,
ti chiamo, ti stringo la mano,
le labbra sfiorate di baci,
il tempo è ancora fermato.
Poi Jakize chiama il compagno
col primo rintocco.
La pioggia è cessata,
la piazza è già piena di gente.
Non vuoi che torniamo?
Quel volto,
la pioggia,
quel vento,
le luci sbiadite sull’acqua,
quel plumbeo colore di cielo,
i capelli bagnati,
quel dolce sorriso,
gli occhi asciugati dai baci
quel tempo fermato,
aspettano ancora l’incanto stupendo
di un freddo novembre lontano.
Pincky
Piova
P
iovi
lento
de continuo
e l'acqua che vien zo
la slava le strade,
le piaze,
la slava anca i ricordi.
Ma un,
nitido
se rifleti
ne la pozza che lusi.
El ricordo de ti
che te speti che spiovi
per zogar ancora
Pincky
IN MORTE di NEVIO
G
o fato un sogno sta note.
No, non son 'ndà a pescar.
Noo!!, non go ciapà sirene.
Go sognà un telefono,
Che 'l sonava, sonava, lontan...
No, no xe che nol rispondi
perché nol senti,
ghe dixevo, a un che nel sogno
el iera come sbiadì.
El xe 'ndá via de qua
perché el iera stufo.
El xe partido!
Si! partido... sta note.
Per dove?
Non so per dove.
Ma...speta, forsi si, che so,
adesso me ricordo.
El ga ciapá quel treno...
quel treno dele nove,
quel che va sule stele.
Ma si, el xe partí prima, ogi,
ma xe sempre el stesso treno.
Corsa speciale solo per lú.
Xe vignú ciorlo Marcelo,
con Sergio e Sandro Bencina,
perché Giulieta lo speta lassú
in alto, in alto, dove fa tanto scuro.
Ma si dei! Marcello Di Bin,
quel de "Cantar xe vita"
e Sergio Colini quel che legeva
tante dele sue poesie.
Sandro te sa, quasi un suo fio,
che 'l ghe gá fato i rangiamenti
ala musica, ale canzoni
che 'l ga scrito in tanti ani.
Movite dei! ghe ga dito Sandro,
che 'l treno parti prima ogi,
anche Celo lo ga ciamá,
...vara che Giulieta la te speta.
Alora el se ga deciso.
Tutintun el ga ciapá do carte,
do borse, una poesia non finida,
e via de corsa in stazion.
De corsa se fa per dir,
che 'l iera anca senza baston.
Ma Celo lo iutava, figurite!
Sandro lo teniva pel brazo e Sergio davanti
li spronava... dai, dai, moveve...
I ga ciapá un vecio taxi
e i xe rivai in stazion che 'l treno,
quel vecio treno a vapor,
za el sbrufava fumo bianco.
Po' dal finestrin che pian pian
se fazeva sempre piú picio,
Nevio, col fazoleto bianco che l'sventolava
...saludime tuti, el zigava,
saludime Marani, e Giulio
e ti...vien presto,
col prossimo treno dele nove, magari,
quel che va drito drito sule stele
e che 'l torna ogni tanto a cior,
cussí per star in compania,
qualche vecio amigo, stanco e stufo
de star qua zó con ste malore,
a remenarse senza far niente che servi,
tanto per passar le ore
che no le passa mai.
Adio per intanto, vecio amico mio,
ghe go zigá,
e lu za picio, picio
el xe sparí lontan
con quel treno dele nove.
S
ta note go fato un sogno
Una man me bateva apena, apena
su la spala
e una voxe ciara me dixeva
...ma te son bravo sa!
e po' sempre de piú lontan
...grazie.