Qual ornate il capo a fluenti chiome,
sacrificar all’ altar delle nozze,
uso pegno virginale di promesse spose,
tal sovviemmi il dì che tredicenne
affrontai a scuola nell’ aula di fisica
affatto affollata di chiari giovani.
- “Talamo in cattedra” -
superar l’esame d’ammissione,
s’era allora nella lontana primavera,
mai dimenticata, di speranze languenti
del 1943; anno intriso d’entusiasmi
e di proclami d’una guerra,
già gravida a tutti, a disastri foriera.
Nell’aula, a banchi digradanti,
luminosa, a fasci iridati di sole afosa,
passar il vaglio severo delle imposte nozioni,
a piè di cattedra sull’attenti.
Entrar, non atteso (credo) senza timori,
un quasi giovin maschio, tutto armato;
bandoliera, baionetta, pistola al fianco,
bombe a mano in cintura: “un virile partigiano”!
Segno tangibile a tempi nuovi!
Tal il Talamo, sorpreso,
parvemi tremante pavido e in piedi.
- sei venuto per l’ esame?
- si!
- Come di chiami?
- Tal dei Tali... (Barnaba o Barabba ...)
Così intesi; quasi un grugno.
- Hai studiato?
- si... tutto!
Tal fu l’esame e null’altro.
- Puoi andare.. .;
rispose deciso, sorridente, il professore,
Ammesso; segnò a “Registro” di suo pugno!
Li rividi in seguito spesso, l’uno a scuola;
L’altro anni di poi dappresso !