e siepi e boschetti, nidi a Maggio.
Pur silfidi Silvie canore,
e malfidi usignoli gorgheggianti
l’ albe, il Sole.
A vista, lontane, rade ville
sparse roche a colli.
Trieste, città operosa amata e bella,
adagiata su brevi colli a lidi
e riviera sul mare.
San Giusto, nostro martire,
da dominante acropoli,
Castello e Cattedrale protegge, tutela.
Oh, Cattinara, da tuoi resinosi cedri giganti aerata,
d’alti pini a cime ondeggianti sibilii a refoli di bora,
e gentili zeffiri estivi olezzanti timo silvestre.
Tigli centenari d’ odorose fronde fiorite a Luglio,
scolte proprie a tua Pieve,
a tombe antiche dal campanile.
Cuor pulsante del Borgo, sola a Sole, preziosa perla,
fonte generosa a messi da coloni ognor intenti;
benigna, la padronale “Villa Pompeiana”.
Fronte strada, che d’ alto muro racchiusa a scrigno,
lieta a graziose siepi curate
geometriche di bosso nano, mira sé dinanzi.
Roseto e frutteto d’intorno, e,
d’ oltre strada in piano prima,
digradante la collina poi ver la strada ferrata
lineari a filari, vitigni pregiati d’ uve selette.
Naturale barriera a venti, un bosco fitto,
ad uopo cinto d’alti pini agresti.
Soave tenuta, fida ad enormi botti
e tini attesi alla bisogna,
fabrii in loco da l’ abile bottaro, prezioso e grato,
ospite pur a famiglia (numerosa al femminile).
Compiuti coloni, d’operosa prole
e cànove, magazzeni,
ampia stalla e granaio tazzio, fianco Villa lato.
Qui vissi l’amore, qui sopportai il dolore.
Da qui mia madre Ada,
virtuosa novantasettenne sana,
agile di mente toscana, dovett’ essere allontanata,
sì da favorirne gl’ inderogabili lavori di pubblica utilità
onerenti la “Triestina Grande Viabilità”.
Porta piangente in estranea casa (via Trento),
non superò l’angoscia;
al tramonto del dì stesso un male inatteso, incurabile,
consigliò il pronto ritorno a Cattinara sì;
ma per ricovero urgente in reparto d’ Ospedale.
Nel conto dei lavori per la “Grande Viabilità”
non figura mia Madre.
Vittima sacrificale.