A
mata, meravigliosa figlia mia,
quindicenne a “Grazie” infusa
mutar dovesti a sventura,
d’efebia età, la vita tua.
Fugace oscurò il cielo azzurro,
il tempo a funeste lacrime soffrir,
tonar l’ore al tuo fu lieto volo
e gravi d’affanno, e duolo i dì,
se di là da venir.
Tornammo mai più lieti, figlia mia,
ma auspice, il cieco destino, toglie e dà;
in “Fede” educati vedemmo,
mutar le cose di male in peggio, poi
rimirar con cuore il bene,
gioir il meglio!
Oggi, o figlia mia,
d’età tuo Padre consunto,
gti occhi stanchi rivolti al Sole,
risente Lei in fin di vita,
sante le sue parole:
“lassila’ndar Nevio,
la gaverà tempo de veder ste robe”
A mia figlia Erica; Papà
23 Aprile 2011