NA - NU
NAIADI
Nome generico di divinità greche dei fiumi e delle sorgenti, amabili custodi delle fontane, dette da Omero figlie di Zeus, in aspetto di fanciulle leggiadre. La più celebre era Aretusa, naiade della sorgente omonima, che scaturiva nell’isola di Ortigia (Siracusa). Si attribuiva loro un potere guaritore che si rivelava, sia bevendo le acque delle fonti a loro dedicate, che immergendosi in esse. Altre volte il bagno era considerato sacrilego e poteva produrre malattie misteriose e follia.
(Vedi Ninfe).
NARCISO
Giovane bellissimo, insensibile all’amore, figlio del fiume Cefiso e della Ninfa Liriope. Contemplando un dì la sua immagine in una fonte, e attribuendola ad altra persona, se ne invaghì tanto che per abbracciarla, cadde nell’acqua ed annegò. Fu dagli dei mutato nel fiore che da allora porta il suo nome. Secondo altra versione, un bellissimo giovane, insensibile all’amore si sarebbe innamorato della propria immagine riflessa in uno specchio d’acqua e reso folle dalla vana passione si sarebbe ucciso e del suo stesso sangue sarebbe nato il narcisio fiore.
NASSO
Isola regina nell’arcipelago delle Cicladi, tutta sparsa d’alte montagne schitose o granitiche alla base; il marmo bianco e la pietra calcarea posano ovunque sullo schisto, ed è da quelle rocce che sgorgano in gran numero i rivi che bagnano e fertilizzano le sue fertili valli. E’ tutta coperta di viti, e produce tanto vino e in tanta copia e sì squisito che negli antichi tempi fu consacrata a Bacco. Copiose culture d’ulivo, arance, e fichi; ne è capoluogo la cittadina omonima Nasso, sin dall’antichità, nota per i suoi marmi pregiati.
NEFELE
Dèa delle nubi; prima moglie del re della città di Orcomeno nella Beozia, Atamante. Figlia di Eolo è madre di Elle e di Frisso
(Vedi ATAMANTE)
NELEO
Signore di Pilo in Messenia
(vedi ERCOLE in altre gesta)
NEMESI
Dea della vendetta e del castigo; presiedeva alla giustizia, all’ordine e all’equilibrio morale nel mondo. Perseguitava i malvagi e gli ingiusti. Figlia di Erebo (o Zeus o Oceano), e della Notte, eseguiva la vendetta divina, soprattutto contro gli eccessi umani di qualsiasi sorta, anche contro la troppa felicità. La sua azione è collegata all’idea di un equilibrio, la cui rottura porta inevitabilmente alla pena. Come promotrice dell’ordine, in quanto vindice degli squilibri, era annoverata tra le divinità pre - cosmiche e considerata una figlia della Notte primordiale. Noto era il suo santuario in Ramnunte, una piccola città dell’Attica, vicina a Maratona. Alla dèa Ramnunte gli Ateniesi attribuivano la loro vittoria sui Persiani nella battaglia di Maratona, come una vittoria dell’ordine contro quella del disordine, Era celebrata ad Atene nelle feste dette “Nemesie”. Altro mito la vuole madre di Elena, sostituendola quindi a Leda.
Era considerata la patrona dei gladiatori e dei soldati
NEOTTOLEMO
Pelìde o Pirro; figlio di Achille
NAPEE
Le Napee, erano le ninfe delle valli, amavano la solitudine, ma a volte avevano delle relazioni d'amore con qualche eroe, dal quale esigevano un'assoluta fedeltà. Erano spesso molestate ed inseguite da Pan e dai Satiri, con i quali convivevano.
(da: mitologiagreca.blogspot.it)
NEREIDI
Divinità greche del mare. Figlie di Nereo e dell’oceanina Doride o Doris. Immaginate come bellissime fanciulle che vivevano negli abissi marini, raramente prendevano parte alle vicende dei mortali. La supremazia del dio del mare, Posidone, quale si conviene a un dio in un politeismo, aveva oscurato ogni possibile azione delle Nereidi più simili a esseri predeistici che a vere e proprie dèe. Una di esse Teti (Tetide) secondo un celebre mito, aveva sposato un mortale, Peleo, divenendo madre di Achille. Erano in numero di 50 o 100. Alcuni nomi: Anfitrite,Tetide, Galatea, Orizìa, Ino, Aretusa ecc. Doridi era il loro epiteto, dal nome della loro madre Doride o Doris.
NEREO
Nereo (in greco Νηρεύς, Nereus) è una primitiva divinità marina della mitologia greca, figlio di Ponto e di Gea.
Viene raffigurato come un vecchio saggio che prediceva accadimenti, giusto e benevolo, chiamato da Omero «vegliardo del mare». Nereo abita in fondo al Mar Egeo ed ha la facoltà di assumere forme diverse, in particolare quella di serpente, acqua e fuoco, e di predire il futuro, caratteristiche tipiche di molte divinità marine. Fu lui a predire a Paride tutti i mali che sarebbero derivati dal rapimento di Elena di Troia. Eracle riuscì ad avere da lui le informazioni necessarie per raggiungere il Giardino delle Esperidi per raccogliervi i pomi d'oro.
Fu il marito dell'oceanina Doride, dalla quale ebbe le Nereidi, tra cui Alice e Teti, quest'ultima madre di Achille, con le quali dimorava in una grotta nelle profondità marine. Ebbe forse anche un figlio, Nerito.
NESSO
Uno dei centauri, ucciso da Ercole, perché aveva tentato di rapire sua moglie Deianira. Prima di morire il centauro diede alla donna una veste intrisa del suo sangue, raccomandandole di farla indossare al marito onde assicurarsi il suo amore. La veste avvelenata invece condusse Ercole ad una orrenda fine.
(Vedi ERCOLE)
NESTORE
Eroe greco, figlio di Nèleo e Cloride, re di Pilo (Messenia); prese parte alla guerra dei Lapiti, alla spedizione degli Argonauti e infine, vecchio e saggio, all’assedio di Troia.
Nota: fig. il più vecchio e il più saggio in un consesso.
NETTUNO
Figlio di Saturno e di Rea, dio del mare e di tutte le acque. Gli erano sacri il cavallo (da lui creato), il toro e il delfino. Suo attributo era il tridente, con il quale sconvolgeva le acque e originava correnti. Dio latino, identificato con il greco Posidone; fratello di Giove e di Plutone. Regnava sui mari e sulle acque (fonti) e scuoteva la terra con il Tridente. Sua sposa, identificata con Anfitride, era Salacia. Il culto pubblico era certamente molto antico, come prova l’esistenza di un suo sacerdote specifico (il flamine Nettunale), e di una festa del calendario arcaico intitolato a suo nome (i nettunali del 23 luglio). In questo giorno si costruivano capanne di rami dì alloro sulla sponda del Tevere e si eseguivano giochi rituali.
NICIA
1.) NICIA
Stratega e uomo politico ateniese (470 c/a – 413 a.C.). Figlio di Nicerato, fu l’uomo più importante di Atene dopo la morte di Pericle. Ricchissimo, probo, conservatore, ma non reazionario, conquistò ben presto il favore del popolo e fu quasi costantemente rie letto nel collegio degli strateghi a partire dal 428 - 427. Auspicando l’intesa con Sparta (424), dopo la conquista di Citera, concluse la pace che da lui fu detta di Nicia. La ripresa delle ostilità e la vittoria spartana di Mantinea (418) lo impegnarono in una pià energica azione militare. Nel 416 -17, Melo fu assediata e conquistata, ma la disgraziata spedizione in Sicilia, alla quale prese parte assieme ad Alcibiade e a Lamaco, pose termine drammaticamente alla sua carriera politica e militare. Rimasto solo ad assediare Siracusa, dopo il richiamo in patria di Alcibiade, e fallita l’offensiva, tentò di mettersi in salvo nell’interno dell’isola con i resti del suo esercito, ma fu catturato ed ucciso col collega Demostene.
2.) NICIA
Pittore ateniese del IV s.a.C., attivo soprattutto nella tecnica dell’encausto. Delle sue opere di cui nulla è pervenuto, ci dà notizia Plinio il Vecchio citandone anche i soggetti. Un suo quadro assai famoso fu la Nèkyia (la discesa di Ulisse agli Inferi) e ad altre sue opere di soggetto mitologico si fanno risalire le quattro pitture pompeiane con Andromeda e Perseo, Io e Argo del Macellum di Pompei, o l’altra versione della casa di Livia a Roma. Attraverso gli echi delle sue opere possiamo ricostruire la personalità dell’artista, particolarmente sensibile al gioco delle luci e del chiaro - scuro.
NICOMEDIA
Citta antica della Bitinia, sul Mar di Marmara, nei pressi dell’odierna Izmit. Fondata nel 264 a.C., da Nicomede I, raggiunse per la sua felice posizione geografica una notevole importanza fino al 74, anno in cui Nicomede IV la lasciò in eredità con tutto il territo rio al popolo romano. Con Diocleziano divenne sede del l’imperatore e conobbe nuovo splendore. Sono ancora visibili i pochi resti delle mura e torri dell’acropoli della città greco - romana. Dagli scavi del 1930 proviene la testa detta di Diocleziano, nel Museo di Istambul.
NICOPOLI
Nome di diverse città antiche tra cui ricordiamo Actia Nicopolis in Epiro, Ulpia Nicopoli ad Istruì nella Mesia Inferiore. La prima fu fondata da Augusto sul promontorio settentrionale del Golfo di Ambracia, per celebrare la vittoria di Azio (31 a.C.), di essa gli sca vi hanno messo in luce monumenti importanti, specialmente della prima età cristiana e hanno chiarito la pianta della città. L’altra fu fondata da Traiano presso lo Jantra, affluente del Danubio, non lontano da Veliko Tarnovo in Bulgaria ed è stata studiata in parte da studiosi bulgari e francesi tra il 1900 e il 1906; nella sua architettura prevalgono elementi ellenistici dell’Asia Minore.
NINFE
Personificazione delle onde, divinità minori, che vivevano a gruppi ignude e si dilettavano di danze e canti. Spiriti dalla natura selvaggia, che i greci antichi immaginavano come belle fanciulle, in qualche modo connesse con il matrimonio, dato che il loro nome “nymphae” indicava anche le spose. Il particolare campo d’azione, ossia la sfera del selvaggio, del non abitato, le metteva in rapporto con due grandi divinità, Artemide ed Ermete, che in quello stesso mondo manifestavano in parte la loro potenza divina. Si distinguevano in Orèadi, abitatrici dei monti o Anadriadi legate alle querce; Aldeidi, abitatrici dei boschi; Naiadi, che avevano sedi nelle sorgenti agresti (divinità dei campi). In Grecia popolò il mar di Ninfe; al nascere delle Grazie, fecondando di amabili immagini la fantasia, popolò il mare di Nereidi (figlie di Nereo).
- Note - Il Foscolo lasciò scritto che al nascere delle Grazie, si popolò il mar di Nereidi e i boschi di Ninfe: quelle belle immaginazioni antiche, fonte di poesia (e perciò di Driadi, ninfe dei boschi e di Silvani).
- -Dal carme di Catullo - "Nozze di Teti e di Peleo":
- Quae simulac rostro ventosum proscidit aequor
tortaque remigio spumis incanduit unda
emersere freti canenti e gurgite vultus
aequoreae monstrum Nereides admirantes.
Atque illic alma viderunt luce marinas
mortales oculi nudato corpore Nynphas
nutricum tenus extantes e gurgite cano". - - Le Naiadi e le Driadi non erano considerate immortali, ma la loro esistenza durava quanto la sorgente o la quercia con cui erano messe in relazione. Le ninfe Meliadi (o Melie del frassino) erano considerate più miti che attive nel presente. Nate come Afrodite, da gocce del sangue di Urano (evirato da Crono) avevano dato origine agli uomini dell’età del bronzo, dediti alla guerra. - Va ricordato che col legno di frassino si facevano le aste delle lance e di altre armi da getto.
(ritorna a Oreadi)
(Ritorna a Meliadi)
(Ritorna a Naiadi)
NIKE
(Vittoria)
Divinità greca, personificazione della vittoria; rappresentata come una fanciulla alata che porta un ramo di palma; talvolta associata nel culto ad Atena. Le statue più note sono:
NIO
(Già IO)
Isoletta delle Cicladi, bella e pittoresca, l'antica Io, tomba di Omero.
Non vi è una teoria certa sull'origine del nome "Ios" ma la più accreditata sostiene che derivi dal termine “Ion” che significa “pietra” che poi è stato trasformato in "Ios".
Nel nord dell'isola è possibile visitare la ipotetica tomba di Omero. Pausania ci dice che la morte del poeta fu causata da una malattia che lo aveva colpito mentre era in viaggio verso Atene
NIOBE
Sorella di Pelòpe, e moglie di Anfione re di Tebe; madre di sette figli e sette figlie. Si vantò d’essere superiore a Latona che ne aveva solo due; Apollo e Diana. Questi, per punirla, le uccisero i figli con le saette. Impazzita dal dolore fu trasformata da Zeus in una rupe del monte Sipilo in Lidia, che durante l’estate versa lacrime. Mitica eroina greca, comsiderata la prima donna madre di tutti i viventi. Altra versione la vuole figlia di Tantalo, sposa di Anione, e madre di sette figli e sette figlie.(o sei per sesso come appare in Omero).
- Figurato
- Byron, indarno trattenuto da colei che per la prima volta riuscì a far parer legittima l'infedeltà conjugale, viaggia appositamente a Roma per dedicare alla regina delle città l'ultimo canto del suo Childe Harold immortale, e al cospetto delle sue rovine, la saluta Niobe delle Nazioni, e sente per essa quell'entusiasmo di amante che non ebbe mai per la fredda sua patria. Perfino i figliuoli di Venezia, per consueto innamorati della cara madre al punto da far piegar in passione il naturale affetto del luogo nativo, a Roma dimenticano e San Marco e Canalazzo e Giudecca, e vi conducono in gloriosa e feconda prosperità la parte migliore della loro vita.
NISO
Niso re di Megara, figlio di Pandione e fratello di Egeo, re d'Atene. L'Oracolo di Apollo gli aveva predetto che avrebbe mantenuto il regno finché avesse conservato in testa il capello d'oro (o rosso, secondo un'altra tradizione).
La sua città venne attaccata da Minosse, che riteneva responsabili i cittadini di Atene e Megara della morte del proprio figlio, Androgeo. Perse questa guerra e la vita, a causa del tradimento di sua figlia, Scilla, che gli tagliò il capello d'oro durante la notte, per offrirlo a Minosse di cui si era invaghita e che presa dallo sconforto, si gettò in mare ed annegò (trasformandosi in aquila marina).
Figlio di Irtaco (Eneide); re di Megara
NITOCRI
Regina di Babilonia.
Nitocri
NITTEO
Nitteo (in greco Nυκτεύς, il nome deriva da νύξ che significa notte) re tebano, padre di Antiope da Polisso, fratello di Lico.
La mitologia greca offre due linee genealogiche per Nitteo: alcuni autori lo riconducono ad essere figlio di Posidone e della Pleiade Celeno, una seconda linea di fonti lo vede come figlio del contadino Ireo e della ninfa Clonia.
Nitteo e il fratello Lico furono originari dell'Eubea, terra che dovettero abbandonare dopo aver ucciso Flegia, il figlio del dio Ares, per poi rifugiarsi a Tebe, città in cui Lico ottenne il trono.
Nitteo ebbe due figlie: Antiope e Nittimene, quest'ultima venne tramutata in cietta dalla dea Atena per evitare che intrattenesse una relazione incestuosa con il padre, innamorato di lei[2]. Antiope invece venne sedotta nella notte da Zeus, e scoperta la gravidanza scappò a Sicione e si sposò con il re della città Epopeo.
Nitteo alla notizia del matrimonio si uccise per la disperazione lasciando il compito al fratello di andare a riprendere la figlia e vendicare la sua morte. Lico così catturò Antiope, abbandonò sul monte Citerone i figli della nipote nati dal rapporto con Zeus, Anfione e Zeto, e uccise Epopeo.
NUMA
Numa Pompilio, di origine sabina, per la tradizione e la mitologia romana, tramandataci grazie soprattutto a Tito Livio e a Plutarco, che ne scrisse anche una biografia, era noto per la sua pietà religiosa[1][2] e regnò dal 715 a.C. fino alla sua morte nel 673 a.C. (ottantenne, dopo quarantatré anni di regno) succedendo, come re di Roma, a Romolo.[1][3]
Regno (715 - 673 a.C.)
Ascesa al trono
L'incoronazione di Numa non avvenne immediatamente dopo la scomparsa di Romolo, ma per un certo periodo i Senatori governarono la città a rotazione, alternandosi ogni dieci giorni, in un tentativo di sostituire la monarchia con una oligarchia[6]. Però, incalzati dal sempre maggiore malcontento popolare causato dalla disorganizzazione e scarsa efficienza di questa modalità di governo, dopo un anno[7] i Senatori furono costretti ad eleggere un nuovo re.[8]
La scelta apparve subito difficile a causa delle tensioni fra i senatori Romani che proponevano il senatore Proculo ed i senatori Sabini che proponevano il senatore Velesio.
Per trovare un accordo si decise di procedere in questo modo: i senatori romani avrebbero proposto un nome scelto fra i Sabini e lo stesso avrebbero fatto i senatori sabini scegliendo un romano[9]. I Romani proposero Numa Pompilio, appartenente alla Gens Pompilia, che abitava nella città sabina di Cures[10] ed era sposato con Tazia, l'unica figlia di Tito Tazio. Sembra che egli fosse nato nello stesso giorno in cui Romolo fondò Roma. Numa, concittadino di Tito Tazio, era noto a Roma come uomo di provata rettitudine oltreché esperto conoscitore di leggi divine, tanto da meritare l'appellativo di Pius. I Sabini accettarono la proposta rinunciando a proporre un altro nome.[11]V
Furono dunque inviati a Cures Proculo e Velesio (i due senatori più influenti rispettivamente fra i Romani ed i Sabini) per offrirgli il regno[12]. Inizialmente contrario ad accettare la proposta dei senatori, per la fama violenta dei costumi di Roma[13], Numa vi acconsentì solo dopo aver preso gli auspici degli dei, che gli si dimostrarono favorevoli; Numa fu quindi eletto re per acclamazione da parte del popolo[14].
Riforme politiche e religiose
Numa Pompilio parla con la ninfa Egeria che gli dona le leggi di Roma (mos maiorum)[2].
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Commentarius (Numa Pompilio) e religione romana.
La leggenda afferma che il progetto di riforma politica e religiosa di Roma attuato da Numa fu a lui dettato dalla ninfa Egeria con la quale, ormai vedovo, soleva passeggiare nei boschi[15] e che si innamorò di lui al punto da renderlo suo sposo.[16]
A Numa non è ascritta alcuna guerra,[2][17] bensì una serie di riforme tese a consolidare le istituzioni della nuova città, prime tra tutte quelle religiose, raccolte per iscritto nei commentarii Numae o libri Numae, che andarono perduti quando Roma fu saccheggiata dai Galli[18].V
Sulla base di queste norme di carattere religioso, i culti cittadini erano amministrati da otto ordini religiosi:[19] i Curiati, i Flamini, i Celeres, le Vestali, gli Auguri, i Salii, i Feziali e i Pontefici.V
Numa stabilì di unificare ed armonizzare tutti i culti e le tradizioni dei Romani e dei Sabini residenti a Roma per eliminare le divisioni e le tensioni fra questi due popoli, riducendo l'importanza delle tribù e creando nuove associazioni basate sui mestieri[20]
Appena divenuto re nominò, a fianco del sacerdote dedito al culto di Giove ed a quello dedicato al culto di Marte, un terzo sacerdote dedicato al culto del dio Quirino. Riunì poi questi tre sacerdoti in un unico collegio sacerdotale che fu detto dei flamini a cui diede precise regole ed istruzioni.[21]
Proibì ai Romani di venerare immagini divine a forma umana e animale perché riteneva sacrilego paragonare un dio con tali immagini e, durante il suo regno non furono costruite statue raffiguranti gli dei[22]. Istituì il collegio sacerdotale dei Pontefici[23], presieduti dal Pontefice Massimo, carica che Numa ricoprì per primo e che aveva il compito di vigilare sulle vestali (vedi sotto) e sulla moralità pubblica e privata e sull'applicazione di tutte le prescrizioni di carattere sacro[24].
Istituì poi il collegio delle vergini Vestali[25][26] assegnando a queste uno stipendio e la cura del tempio in cui era custodito il fuoco sacro della città;[27] le prime furono Gegania, Verenia, Canuleia e Tarpeia (erano dunque quattro, Anco Marzio ne aggiunse altre due portandole a sei)[28].
Istituì anche il collegio dei Feziali (i guardiani della pace) che erano magistrati - sacerdoti con il compito di tentare di appianare i conflitti con i popoli vicini e di proporre la guerra una volta esauriti tutti gli sforzi diplomatici[29].
Nell'ottavo anno del suo regno istituì il collegio dei Salii, sacerdoti che avevano il compito di separare il tempo di pace e di guerra (per gli antichi romani il periodo per le guerre andava da marzo ad ottobre)[30]. Era, questa funzione, molto importante per gli abitanti dell'antica Roma, perché sanciva, nel corso dell'anno, il passaggio dallo stato di cives (cittadini soggetti all'amministrazione civile e dediti alle attività produttive) a milites (militari soggetti alle leggi ed all'amministrazione militare e dediti alle esercitazioni militari) e viceversa per tutti gli uomini in grado di combattere. Migliorò anche le condizioni di vita degli schiavi p.es. permettendo loro di partecipare alle feste in onore di Saturno, i Saturnalia assieme ai loro padroni[31].
La tradizione romana rimanda a Numa Pompilio la definizione dei confini tra le proprietà dei privati, e tra queste e la proprietà pubblica indivisa, statuizione che fu sacralizzata con la dedica dei confini a Jupiter Terminalis, e l'istituzione della festività dei Terminalia.[32].
Nel Foro, fece costruire il tempio di Vesta,[33], e dietro di questo fece costruire la Regia[34][35] e lungo la Via Sacra fece edificare il Tempio di Giano, le cui porte potevano essere chiuse solo in tempo di pace (e rimasero chiuse per tutti i quarantatré anni del suo regno).[27][36][37]
Secondo Dionigi di Alicarnasso Numa poi incluse nella città il Quirinale, anche se questo a quell'epoca non era ancora cinto da mura.[38]
Calendario romano
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Calendario romano e festività romane.
A lui viene ascritta anche una riforma del calendario, basato sui cicli lunari, che passò da 10 a 12 mesi di 355 giorni (secondo Livio inviece lo divise in 10 mesi, mentre in precedenza non esisteva alcun calcolo[2]), con l'aggiunta di gennaio, dedicato a Giano, e febbraio che furono posti alla fine dell'anno, dopo dicembre[39] (l'anno iniziava con il mese di marzo, da notare tuttora la persitenza di somiglianze dei nomi degli ultimi mesi dell'anno con i numeri: settembre, ottobre, novembre, dicembre).
Il calendario conteneva anche l'indicazione dei giorni fasti e nefasti, durante i quali non era lecito prendere alcuna decisione pubblica. Anche in questo caso, come per tutte le riforme più difficili, la tradizione racconta che il re seguì i consigli della ninfa Egeria, sottolineando così il carattere sacrale di queste decisioni.[27]
(da:wikipedia Numa_Pompilio)
NOTE