ZA - ZI
ZALEUCO
Antico legislatore greco. Sono incerti il luogo e la data della sua nascita e della sua morte. Lo storico Timeo nega ch'egli sia esistito. Altri lo credono di stirpe assai vile. Comunque sia, i più tra gli antichi, compresi Aistotile e Diodoro, si accordano nel dire che sia stato il legislatore dei Locresi. Secondo lo Stobèo , le principali disposizioni del suo codice sono le seguenti: Tutti i cittadini credino negli Dèi .
- La vista dei cieli e l'armonia della natura attestano l'esistenza dell' Essere creatore.
- Bisogna onorare gli Dèi, quali autori d'ogni nostro bene e cose non sarebbero onorati dalle preghiere dei cattivi ognuno deve serbare immacolata l'anima sua.
- Gli Dèi non si lasciano impietosire da regali e sacrifici pomposi; bensì amano l'offerta dei pensieri puri e dalle azioni giuste.
- Chi non riconosca l'evidenza di tali principi, pensi all'istante della sua morte, nel quale sarà in preda a terribili rimorsi, pentendosi troppo tardi di non aver sempre vissuto giustamente.
- Se qualcuno, spinto dal genio maligno commette ingiustizia, si rechi ai templi degli Dèi e ne implori il perdono, e pratichi gli uomini virtuosi, ascoltando docilmente i loro discorsi.
- Dopo il culto degli Dei i cittadini onorino o parenti, le leggi e i magistrati.
- Nessuno preferisca il suolo natio all'intera patria; sarebbe già un principio di tradimento.
- Nessuno conservi odio contro qualsiasi cittadino assieme a lui alla cosa pubblica; egli sarebbe incapace di reggere i suoi simili, di giudicare conforme all'equità, poi che la passione vincerebbe in lui la ragione.
- I governanti non sieno iniqui mai, nè le loro sentenze,
sieno mai accompagnate da oltraggi; non riconoscano amici o nemici nei loro giudizi, ma siano guidati soltanto dalla giustizia.
Così agendo essi daranno delle sagge sentenze e si mostreranno degni del potere a loro confidato. Devono insomma condursi in maniera da ottenere una rispettosa confidenza dai loro soggetti.
- Ogni legge difettosa deve essere corretta o abolita, ma finchè essa è in vigore tutti l'osservino rigorosamente.
- Non è buono nè utile che alcuno sia più forte e più saggio della legge; ma, è buono e utile che la legge sia migliore e più saggia di tutti. Chi violi questo principio sia punito perchè promuove il disordine che è il più grande flagello degli Stati.
Diodoro menziona una legge di Zeleuco che prescriveva di trattare il nemico come se l'odio avesse potuto un giorno mutarsi in amicizia, e il contravventore, come un incolto selvaggio.
Ateneo ne cita un'altra che vietava sotto pena di morte, il bere vino, tranne quale rimedio prescritto dal medico.
E Stobeo afferma che Zaleuco aveva pure ordinato che, se alcuno avesse
voluto che si abrogasse una legge, dovesse fare con una corda al collo la sua proposta all' Assemblea, poi andasse salvo e sano se la maggioranza avesse votato a favore dell' abrogazione altrimenti con quella corda lo si strangolasse.
ZALMOXIS
Zalmoxis, Discepolo di Pitagora e legislatore dei Geti e dgli Sciti, compaesani suoi, dai quali fu diivinizzato. Da giovane fu schiavo in Jonia, dove, ottenuta la libertà si arricchì per poi ritornare al suo paese. Quivi fu suo primo pensiero a rincivilire quela rozza nazione facendole adottare le costumanze degli Joni. A tale scopo fece costruire un superbo palazzo e trattò lautamente i suoi compatrioti insinuando loro in un tempo, che chi avesse vissuto come lui, sarebbe stato immortale, e, spento il corpo, avrebbe menata in un luogo di delizie, una vita eternamente felice.
Intanto fece costruire segretamente una stanza sotteranea, e un bel giorno si nascose in quella e vi rimase tre anni, finchè fu pianto per morto. Ma comparve di nuovo e i suoi compatrioti furono tanto colpiti da tale prodigio, che prestarono fede a titto ciò ch'egli aveva insegnato loro, e lo poroclamarono dio.
ZAMA
Antica città dell'Africa propria, nell'interno della Zengitana, a cinque giorni a Sud Ovest da Cartagine. Era luogo assai forte, residenza di Juba ed è luogo celebre per la vittoria riportatava da Scipione sopra Annibale. Pensate alle guerre Puniche. Canne sembra schiantare Roma. Ma a Zama Roma distrugge Cartagine e la cancella dalla geografia e dalla storia per sempre. E' l'anno 202 a.C. I due condottieri prima di scendere in campo, hanno un abboccamento. Annibale, per evitare la guerra, che sente disperata, offre le isole mediterranee e la Spagna, che i romani avevano già in saldo possesso e promette che non uscirà più da Cartagine. Ma Scipione non crede alle promesse di una nazione la cui storia è permeata di episodi inauditi di slealtà e di perfidia! L'ultima parola è alle armi su quella pianura detta di Zama ove i due eserciti sono schierati. Schipione dispone le sue forze in modo da sbarrare la valle del Bragadas, per prevenire le mosse di Annibale e ovviare al pericolo degli elefanti. Lascia larghi intervalli nella disposizione delle truppe. Le due ali della cavalleria sono comandate, quella destra da Massimissa e la sinistra da Lelio. Vengono quindi due linee di riserva. In tutto 35.000 uomini circa. Annibale sulla prima linea ha una formidabile barriera di 80 elefanti e due ali di cavalleria. Dietro questa 20.000 mercenari e quindi le truppe cartaginesi e libiche. Completa lo schieramentro una linea molto numerosa di riserve; in totale più di 50.000 uomini. A vantaggio di Roma c'era solo il campo sul quale con fine astuzia l'accorto Scipione aveva attirato l'avversario; c'era inoltre l'entusiasmo delle legioni che sentivano la grandiosità dell'evento e la loro cieca fiducia nel condottiero che le aveva guidate sempre alla vittoria. E' giorno fatto quando avviene l'apocalittico scontro. Prima sono le cavallerie a urtarsi, ma gli elefanti impauriti dal fracasso delle trombe romane si mettono a correre all'impazzata, mettendo lo scompiglio tra le stesse file cartaginesi, cosicchè la cavalleria punica è travolta dagli elefanti e dalla cavalleria romana, che li insegue. Nel centro le fanterie cartaginesi fanno pressione su quelle romane che sono in minor numero. Ciononostate le legioni romane riescono a respingere la prima linea avversaria che è formata da mercenari. La seconda linea cartaginese resiste ancora, poi è travolta. Resta la terza linea comandata dallo stesso Annibale e che conta 6.000 uomini circa. Mentre Annibale fa serrare le file in attesa dell'urto terribile delle falangi romane, dalla sua parte Scipione dispone, come dice uno storico del tempo, gli astati al centro e i principi e i triari ai lati e muove all'assalto. Lo scontro è accanito e sanguinoso; da ambo le parti si combatte con grande valore e accanimento, ma le sorti restano incerte. La battaglia è statica. Però Scipione fida nella cavalleria romana che dovrà tornare dall'inseguimento delle altre formazioni sbaragliate. Infatti quando arrivano Lelio e Massinissa, la battaglia volge in netto favore di Roma. Ogni resistenza è infranta dall'impeto dei legionari di Scipione. Ventimila uomini di Annibale sono tagliati a pezzi, altri ventimila fatti prigionieri. Annibale può salvarsi a stento con la fuga. La battaglia di Zama è finita e con essa ogni ribaderia in quel Mare Nostrum che fu sempre di Roma. Con la terza querra punica Cartagine venne rasa al suolo.
ZANTE
ZANTHE o ZACINTO
La più meridionale delle quattro grandi isole Jonie. Il Canale di Zante largo 18 km. la separa dal Peloponneso; protetta verso SE. da due penisole, di cui una a forma di martello, mentre l'altra con la forma di stivale, ricorda l'Italia. L'isola, lunga 36 km., e larga al massimo 17, è di 394 kmq. Ne fanno parte integrante due isolotti: Strivali e Strofani, che misuramp 3 kmq. Le coste di Zante sono molto frastagliate; il clima dolce e sano, Il monte Skopos (396 m.), mons Elatus di Plinio, non porta più le foreste cantate da Omero e da Virgiglio. ma è coperto d'ulivi ed aranci, i quali, uniti ai fichi. ai mirti, ai lauri, agli aloe, e viti, interrotti da case e da ville, danno all'isola un aspetto incantatore. La pianura, ammirabilmente coltivata, è coperta, senza quasi interruzione di giardini, di ortaglie, di vigne, di prati, di campi a granoturco. La principale ricchezza è l'uva passa di Corinto, la quale rappresenta da sola interessante il reddito annuo. Con una specie d'uva dai grappoli piccoli e profumati, si fabbrica il vino bianco - ienorodi- che si ritiene superiore al moscato di Siracusa; bella la produzione dell'olio d'uliva Zante che risulta secondo fra le Jonie, dopo Corfù. Sono frequenti nell'isola i terremoti, talvolta disastrosi. Capoluogo è Zante o Zacinto. Secondo la tradizione, l'isola formava parte del regno di Ulisse, poi entrò nell'egemonia ateniese, conquistata dai Romani fu da loro ammessa all'Epiro. Nel MedioEvo passò dai Bizantini ai Normanni, agli Orsini, e ai conti di Cefalonia. Nel secolo XV fu venduta ai Veneziani, i quali la tennero fino alla caduta della Repubblica. Del loro dominio è rimasta nell'isola una profonda impronta, nella fisionomia, nel carattere, e, fino a un certo punto nel costume, nella lingua e nella religione dei Zantioti. Quasi tutta l'aristocrazia la quale parla ad un tempo il greco e l'italiano, si proclama di discendenza veneziana, ed è di religione cattolica. I Zantioti sono industriosi ed intraprendenti, vendicativi, amanti della musica. Essi hanno dato all'Italia Ugo Foscolo e alla Grecia il poeta Solomos . Caduta la Repubblica Veneta, Zante passò, dai Francesi ai Turco - Russi, ai Francesi di nuovo (1807). e all'Inghilterra (1809), finchè entrò nel 1815 nella Repubblica Settinsulare sottto il protettorato inglese ed infine data alla Grecia nel 1864. Note - Secondo Plinio, Zacinto era celebe per la sua religione a Diana, due secoli innanzi la guerra Iliaca, in cui fu punita la perfidia di Laomedonte che aveva ingannato gli dèi. dai quali era stata edificata la sua reggia; e in Omero nel settimo dell'Iliade si parla delle sacrate mura che Apollo e Nettuno edificarono a Laomedonte, e nel ventunesimo Nettuno poi rivendica a sè stesso la fondazione della città
- (vv. 578-83 trad. Monti);
- ...io, (dice Nettuno) di Troia l'alta cittade edificai. di belle ampie mura la cinsi e di securi baluastri: e tu Febo, alle selvose Idèe pendici pascolavi intanto le cornigere mandre.
Ma nei - Dei Sepolcri- del Foscolo, verso 267, le mura d'Ilio sono opera di Febo. L'inganno poi fatto agli dèi da Laomedonte, ond'è detto il reo, è pur mostrato da Omero, ove Nettuno ricorda a Febo che da Giove costretti ad esulare, seguirono per un anno l'orgoglioso Laomedon te patuendo la mercede:
- ...Ma condotta dalle grate Ore del servir la fine ne frodò la mercede il re crudele, e minaccioso ne scacciò, giurando che te di lacci avvinto e mani e piedi in isola remota avria venduto, e mozze inoltre ad ambedue l'orecchie.
ZEA
CEA o KEA
Isola greca nell'arcipelago delle Cicladi.
ZEFIRIO
(Promontorio)
Il Zefirium Promontorium degli antichi, modernamente chiamato Capo di Bruzzano, è una punta bassa, ma spiccata, sulla costa orientale della Calabria, a circa 16 km. a Nord del Capo Spartivento. Nei suoi pressi i Locri fondarono la loro colonia, che si nomò appunto dei Locri Epi zefirii.
Gli antichi geografi però enumerano con lo stesso nome di Zefirio, altri cinque promontori:
– il primo sulla costa settentrionale dell'isola di Creta (Oggi Punta di Tigani),
– il secondo nella parte occidentale della Cirenaica, con porto;
– il terzo a Nord di Capo Spartivento
– il quarto nel Basso Egitto;
– il quinto, finalmente sulla costa occidentale dell'isola di Cipro.
Note - Zefirio chiamasi anhe una città del ChersonesoTaurico, ricordata da Plinio.
ZEFIRO
Nome dato dagli antichi al vento, altrimenti chiamato Favonio, di Ovest, Ponente od Occidentale. La stagione in cui spira è la primavera, promovendo col suo tepore la vegetazione nella terra ed il vigore negli animali. I poeti ne fecero un dio e lo dipinsero sotto figura di un giovinetto
- Note - Il Petrarca disse
- Zefiro torna, e'l bel tempo rimena e i fiori e l'erbe, sua dolce famiglia.
ZELA
Zela Antica città del Ponto, sulla riva sinistra dell'Iris, verso la frontiera della Gallazia, illustrata dalla vittoria di Mitridate sui Romanu e da quella di Giulio Cesare su Farnace, illustrata col celebre motto "Veni, vidi, vici". Secondo la tradizione questa città sarebbe stata fondata da Semiramide, rimanendo per lungo tempo una città di poco conto, finchè Pompeo dopo la sua vittoria su Mitridate la innalzò a più alto grado, ampliando le mura ed aumentandone la popolazione. Sorgeva sopra un poggio isolato nel mezzo di una pianura, nello stesso luogo ove si cre de, oggi occupato da Zillè, fortezza turca.
ZENIA
o XENIA
(Dal greco: straniero, ospite) Presso i Greci, la Zenia era un contratto di ospitalità, Sopra una tavoletta d'avorio o di metallo, i contraenti scrivevano i loro nomi; poi quella tavoletta spezzavano in due parti e ciascuno d'essi ne serbava una metà. Le antiche strenne dei Saturnali presso i Romani furono chiamate Zenie o Xenie o Xenium, il regalo che il cliente offriva al proprio avvocato.
Il libro XIII° degli Epigrammi di Marziale, dove si propongono regali adatti, ebbe dall'Autore il nome di Xeniae.
Infine nel Basso Impero, le Zenie, d'uso asiatico, erano doni che venivano fatti ai governatori.
ZENOBIA
Settimia
Celebre regina di Palmira, figlia di Amron principe arabo della Mesopotamia meridionale. Spo sò in seconde nozze Odonato, che, impadronitosi di una parte dell' Oriente, fu riconosciuto da Galliano come collega nell'impero. In seguito alla morte dello sposo avvenuta nel 266, Zenobia prese possesso del trono, e fissò la sua residenza in Palmira, centro a quel tempo di un vivo commercio, ma la sua autorità si estendeva su tutta la Siria, e gran parte dell'Asia Minore. Sotto il regno di Claudio, profittandosi dello scompiglio del Romano impero, annesse ai propri Stati l'Egitto, e per qualche anno fu come essa stessa s'intitolava regina d'Oriente, e i vicini po poli, Arabi, Persi, Armeni la rispettarono per paura. Secondo il suo biografo Trebellio Pollio ne, era, bruna e bella con occhi neri pieni di fuoco e denti bianchi, come perle.Viveva al tempo stesso da principessa orientale e da iumperatore romano, ora con un corteo d'eunuchi, ed ora alla testa dei suoi legionari. Sapeva un poco di latino e parlava bene l'egiziano, il siriaco e il greco. Tra i suoi ministri c'era il famoso Longino, retore greco. E quando l'imperatore Aurelia no imprese la ricostituzion dell'impero, durò molta fatica a strappare a quella donna l'Oriente, e soltanto dopo aver conquistato varie città, riportò una favolosa vittoria presso Antiochia ed Emese. La regina si ricovrò allora in Palmira, dove sostenne un lungo assedio, e alle proposte di Aureliano, che le offriva salva la vita ed un asilo suntuoso, rispose con una lettera insultante. Ma poi, istrutta che i richiesti rinforzi arabi e persiani erano stati rotti dai Romani e respinti, giudicò vana una più lunga resistenza, e tentò di fuggire oltre l'Eufrate, ma la cavalleria romana la raggiunse presso la sponda del fiume. Condotta dinanzi all'imperatore romano, rigettò la col pa della sua fiera lettera su Longino, che fu giustiziato. Aureliano rispettò la vita di Zenobia, ma non l'onta di figurare nel suo trionfo, e la disgraziata regina, sopracaricata di gioie e di cate ne d'oro. dovette precedere il carro trionfale. Ebbe poi dall'imperatore una villa a Tivoli, e visse là con i suoi figli. adottando gli usi delle dame romane.
ZENODORO
Statuario greco, nato forse a Marsiglia, vissuto nel I secolo dopo Cristo. Fece per gli Alverni un Mercurio colossale e a Roma la statua di Nerone alta 100 piedi. Vespasiano la dedicò poi al Sole e sostituì la testa di un dio a quella dell'imperatore.
ZENODOTO
Critico creco, forse di Efeso, vissuto nel III s.a.C, fece una revisione dei poeti epicurei lirici e diede in luce un'edizione delle Poesie Omeriche.
ZENONE
- Zenone Imperatore d'Oriente
- ZENONE Filosofo greco di Elea (V s.a.C.)
chiamato d'apprima col nome di Trascalisseo. Nacque in Isauria, e non si sa come passasse i primi anni della sua esistenza, tranne che apparteneva ad una riguardevole famiglia e godeva autorità ed influenza presso la popolazione isaurica. Nel 468 l'imperatore Leone I° cercando di avere l'appoggio degli Isaurii contro il proprio ministro Asparo, chiamò a sè Trascalisseo, gli mutò il nome con quello di Zenone, gli diede in moglie la propria figlia Arianna, lo creò patrizio, e infine, fattolo console con Marciano, gli conferì il comando delle guardie imperiali, degli eserciti orientali e della città di Antiochia. Zenone cominciò a combattere i Traci che saceheggiavano la Tracia. Asparo tese insidie per farlo perire, ma Zenone, tornato a Costantinopoli, indusse l'imperatore a sbarazzarsi dell'ambizioso ministro e Asparo nel 471 fu trucidato. Privo di figli maschi Leone manifestò l'intendimento di creare Zenone suo successore e ciò fu causa di gravi tumulti in Costantinopoli a motivo che il genero di Leone era uomo di malvagia indole e di turpi costumi, e quindi generalmente odiato, come del resto lo erano tutti gli Isauri. Allora, mutato consiglio, la successione fu destinata a Leone figlio di Zenone e di Arianna, il quale non ebbe l'impero per essere morto verso la fine del 474, morte che fu sospettata di delitto. Zenone ebbe la corona imperiale e cominciò con lui un governo di lotte, di disordini, di oppessioni e di rivoluzioni. Verina, sua suocera, cospirò contro di lui aiutata da Patrizio, suo amante e da Basilisco, suo fratello. Zenone dovette fuggire e porsi in salvo in una fortezza d'Isauria, Basilisco fu incoronato, e ben presto divenne egli stesso più odioso del monarca fuggito. Questi, mosso a fargli guerra, trasse a proprio partito il comandante e le milizie del nuovo imperatore, ed entrò in Costantinopoli nel luglio del 477, venti mesi dopo la sua espulsione. Orgie e delitti furono il seguito del suo rèinstoro nell'impero. Basilisco fu relegato in Frisia, e fatto perire; così fu di Armazio, nipote di lui, malgrado avesse egli tradito Basilisco, passando con le milizie a Zenone. Nel 478, Teodorico, figlio di Triario, capo dei Goti e già sostenitore di Basilisco, si presentò in armi presso Costan tinopoli. Zenone allora ricorse per aiuti a Teodorico, figlio di Teodomiro, re deegli Ostrogoti. Ma questi due principi dello stesso nome, vennero a patti fra di loro e Zenone fu costretto ad accettare dal figlio di Triario, una pace imposta a gravi ed umilianti condizioni. In seguito egli li ebbe nemici entrambi. Teodorico, figlio di Triario, muove verso Costantinopoli. col pretesto di soccorrere l'alleato, ma in realtà, per impadronirsi della città, mentre erano insorti gravi disordini per una trama ordita da Marciano, nipote dell'imperatore omonimo, e da Antonio, imperatore d'Occidente. Illo ministro di Zenone sventò le mire di Marciano, e riuscì corrompendo le truppe e gli insorti che assediavano il palazzo imperiale, di impadronirsi di lui, ed a confinarlo in un monastero di Capadocia. Teorodico, figlio di Triario, si ritirò dopo aver ricevuto una rilevante somma di denaro. Teodorico figlio di Teodomiro, devastò l'Impero, ma fu a sua volta battuto da Sabiniano, generale di Zenone. Nel 481 si ripresero le ostilità per avventura, essendo morto accidentalmente il Goto Teodorico, Zenone fu da questa parte salvo dal nemico, e venne a condizione con l'altro Teodorico, conferendogli onori e creandolo console nel 484. Il governo era più nelle mani di Illo che di Zenone; Verina tentò di farlo assassinare, ma il colpo fallì ed essa venne esiliata. Scoppiò una sedizione ordita da Illo e da Leonzio, e questi fu proclamato imperatore a Tarso in Cilicia, ma poi,con li altri sediziosi suoi compagni, nel 487 riprese le armi; per liberarsene Zenone gli diede facoltà di invadere l'Italia per cacciare Odoacre. E' da notarsi che tempo prima, nel 482 Zenone aveva pubblicato l' Enoticon editto celebre nella storia ecclesiastica, sottoscritto dai vescovi d'Oriente e dall'Imperatore, fatto per riunire i cattolici con gli eutichiani; strano documento che fu conservato da Evagrio. Zenone visse fino al 491 ed ebbe 17 anni d'impero malaugurati e funesti, resi tali dalle sue dissolutezze e dalle sue crudeltà. Si vuole che la moglie Arianna, approfittando d'un attacco d'epilessia sopreavvenutagli, lo facesse chiudere in un sepolcro e quivi lo lasciasse morire. Gli succedette Anastasio, ufficiale della guardia imperiale, già amante e quindi marito della vedova Imperatrice.
Discepolo di Parmenide, è tra i massimi esponenti della scuola eleatica. Secondo Platone, tutta la riflessione di Zenone, sarebbe stata stimolata dall’esigenza di rafforzare la dottrina del maestro, mostrando come se la dottrina eleatica dell’unico ente parmenideo va incontro a conseguenze assurde rispetto ai dati del senso comune. In questo senso la polemica di Zanone è tutta volta contro i concetti di molteplicità e di movimento, e gli argomenti che a questo scopo sono stati elaborati, hanno goduto di grande fortuna attraverso i secoli. Contro il molteplice, Zenone ragiona nel modo seguente: se gli enti sono molti, essi, per quanto numerosi, sono quelli che sono, cioè di numero finito; dall’altro lato, se sono molti, devono essere distinti, cioè separati da qualcos’altro: proseguendo questo ragionamento si arriva alla conclusione opposta, cioè che gli enti sono di numero infinito (per questo modo di ragionare a tesi contrappote, Zanone fu definito da Aristotele il padre della dialettica). Contro il movimento, Zanone elaborò quattro ragionamenti famosi: il primo sostiene che un mobile per andare da A a B deve prima toccare il punto C posto a metà del tratto da percorrere e così via all’infinito; ma è impossibile toccare diversi punti in un tempo finito. Sullo stesso schema di una infinita divisibilità dello spazio e del tempo, sono costruiti gli altri argomenti di Zenone, che per questo è considerato il precursore del calcolo infinitesimale. Basterà qui ricordare il più famoso di tutti: quello di Achille e della tartaruga; "Achille, il piè veloce, non raggiungerà mai la lenta tartaruga, se questa partirà da un punto più avanzato - B - da quello di cui parte Achille -. Quando infatti Achille avrà raggiunto il punto B, la tartaruga sarà avanzata al punto - C-, e quando questi avrà raggiunto il punto - C-, la tartaruga avrà raggiunto il punto - D -, e così all’infinito". Questi paradossi di Zenone, hanno affaticato a lungo i filosofi successivi: il Parmenide di Platone e ampi brani della Fisica di Aristotele, sono rivolti alla loro confutazione.
ZEPHRYRIUM
Nome di vari promontori: uno nella Caria, su di una estremità della penisola di Alicarnasso;un'altro nella Cilicia; un terzo nella Cirenaica, poi Capo Derne; l'ultimo nel Ponto
.ZETO
Figlio di Giove e di Verere. Secondo altra versione figlio di Zeus e di Antiope, mitica eroina tebana, madre anche di Anfiòne, gemello di Zeto.
ZEUS
(gr. Keos)
Dio sovrano del Pantheon greco. Alle origini della sua figura divina stà un essere celeste supremo dei popoli indoeuropei, che portava il nome del cielo luminoso o diurno, in una forma continuata dalle diverse lingue storiche; con Zeus (genitivo - Diòs), dei Greci, con Juppiter, (genitivo - Jovis) dei latini, con Diaus degli indiani, con Tyr, dalle popolazioni germaniche.
La sorte dell’antico essere celeste non è stata dovunque la stessa, pur conservando ovunque il suo nome originale In India esso è rimasto un dio inattivo(deus-otiosus), protagonista di vicende mitiche, ma relativamente privo di culto, secondo la più comune tipologia dell’essere supremo di natura uranica. Altrove, per es. presso i germani è diventato un dio simile agli altri, acquistando i caratteri di una potenza attiva, nei limiti di un campo d’azione rispecchiante l’antica natura uranica. Tra i Greci,infine (e tra i latini, forse per influsso greco) è assurto al rango di re degli dèi, continuando la "supremazia" più che la "uranicità" dell’originaria figura indoeuropea. La superiorità di Zeus rispetto agli altri dèi del pantheon greco è bene espressa da un passo dell’Iliade, in cui egli si vanta di poter da solo resistere a tutti gli dèi messi insieme, se volessero tirarlo giù dall’Olimpo; sua regale sede.
Dall’antica natura uranica procedono i suoi poteri sulle manifestazioni celesti: fa piovere, (anzi "piove" come si diceva comune mente in Grecia) e colpisce con il fulmine, sua arma e suo principale attributo divino. Ma il nuovo Essere è soprattutto quello di un sovrano che mantiene la giustizia e l’ordine nel mondo; garantisce il potere ai re della Terra e in genere ad ogni autorità politica garantisce la gerarchia, i rapporti tra città e città, quelli tra singoli individui, punendo gli spergiuri e proteggendo gli ospiti (gli stranieri) nei loro tradizionali diritti. La sua funzione di arbitro dei destini del mondo, fece sì che, pur essendo convenientemente venerato in ogni città, nessuna lo avesse come proprio protettore particolare (dio poliade); doveva equamente sovrintendere a tutto il mondo greco, e la protezione particolare di una o più città Stato, lo avrebbe tolto dal suo piedestallo ideale.
Tale piedistallo si concretizzava nell’Olimpo, un monte ai confini tra la Macedonia e la Tessaglia, una "terra di nessuno" al di fuori dei centri abitati. Qui egli risiedeva e qui governava il mondo. Vi erano altri monti Olimpo, (in Misia, in Cilicia, in Elide, in Arcadia) e il nome comune attesta la possibilità di localizzare Zeus su un’altura al di fuori delle competenze e delle rivalità delle singole città-stato. L’Olimpo dell’Elide, ovvero tutta una località chiamata Olimpia, la cui sovranità era un tempo contesa tra le città di Elide e di Pisa (finendo perciò con l’essere una "terra di nessuno"), sino a che Elide distrusse Pisa e rimase padrona del campo, divenendo sede del più importante culto di Zeus, dei giochi Olimpici di carattere panellenico, che, sotto l’egida del dio, adunavano ogni quattro anni i rappresentanti ufficiali di tutti gli stati greci e in quella occasione veniva sospesa ogni ostilità.
In Olimpia appare in pieno la funzione panellenica di Zeus, che vi aveva il suo più grande Tempio, quello per il quale Fidia modellò il famoso simulacro (crisoelefantino) del dio, in avorio e oro. La concezione di Zeus, come dio panellenico, si sviluppò nella speculazione greca,fino ad assumere tratti di una universalità che andò oltre i limiti della religione nazionale. Si giunse p.es. da parte della filosofia stoica, all’idea di un panteismo che divinizzava il mondo, chiamandolo col nome di Zeus e le specifiche funzioni di questa sovranità sono chiaramente indicate nei miti relativi. Il suo insediamento in un sistema genealogico di derivazione orientale, procedente per tre generazioni, (Urano padre di Crono - Crono padre di Zeus e Zeus)acquista nuova luce nella formulazione greca. Urano è qui l’essere celeste, il dio inattivo relegato alla mitologia delle origini, la cui superiorità è soltanto naturale o potenziale; Crono (Saturno), è il primo vero re che conquista il trono contro il padre. Zeus è il sovrano universale che elimina il padre sostituendosi ad esso sul trono e in più, vince e distrugge tutti i nemici della stirpe divina: (Titani, Giganti, Tifone o Tifeo). Zeus si accoppia con Metis (saggio consiglio), con Temi (giusto ordine), e con altre dèe (Dione - Leto -Mnemosine) che gli daranno una intera generazione di dèi, per la quale sarà padre, oltre che re; Zeus - padre, è il suo titolo culturale, ed era comunemente detto padre degli dèi e degli uomini.
Alla fine troverà Era (la Signora); in modo che sarà completo e perfetto (gr.teleios), secondo l’ideologia greca.
Note - CrisippoCleante è autore di un poema intitolato a Zeus.
- L'Inno a Zeus dello stoico Cleante (III°sec.a.C) é una delle più elevate preghiere dell'antichità.
- O più glorioso degli immortali, sotto mille nomi sempre onnipotente,
Zeus, signore della natura, che con la legge governi ogni cosa,
Salve; perché sei tu che i mortali han diritto d'invocare.
Da te infatti siam nati, provvisti dell'imitazione che esercita la parola,
Soli tra tutti gli esseri che vivono e si muovono sulla terra;
Così io ti celebrerò e senza sosta canterò la tua potenza.
É a te che tutto il nostro universo, girando attorno alla terra,
Obbedisce ovunque lo conduci, e volentieri subisce la tua forza;
Così grande é lo strumento che tieni tra le tue mani invitte,
Il fulmine a due punte, fiammeggiante, eterno.
Sotto i suoi colpi, tutto si rafferma;
Per suo mezzo reggi la Ragione universale, che attraverso tutte le cose
Circola, mista al grande astro e ai piccoli;
Grazie ad esso sei diventato così grande ed eccoti re sovrano attraverso i tempi.
Senza di te, o Dio, non si fa niente sulla terra,
Né nel divino etere del cielo, né nel mare,
Tranne che quel che ordiscono i malvagi nella loro follia.
Ma tu sai riportare gli estremi alla misura,
Ordinare quel che é senz'ordine, e i tuoi nemici ti divengono amici.
Perché tu hai armonizzato così bene insieme il bene e il male
Che vi é per ogni cosa una sola Ragione eterna,
Quella che fuggono e abbandonano i perversi tra i mortali,
Disgraziati, che desiderano senza sosta il possesso dei (pretesi) beni,
E non badano alla legge universale di Dio, né l'ascoltano,
Mentre, se le obbedissero con intelligenza avrebbero una nobile vita;
Da se stessi si gettano, insensati, da un male all'altro;
Questi, spinti dall'ambizione, alla passione delle contese;
Quelli, volti al guadagno, senza alcun principio;
Altri, sfrenati nella licenza e nei piaceri del corpo,
(Insaziabili) vanno da un male all'altro
E fan di tutto perché succeda loro proprio il contrario di quel che desiderano.
Ah! Zeus, benefattore universale, dai cupi nembi, signore della folgore,
Salva gli uomini dalla loro funesta ignoranza;
Dissipa questa, o padre, lungi dalle loro anime; e concedi loro di scorgere
Il pensiero che ti guida per governare tutto con giustizia,
Affinché, onorati da te, ti rendiamo anche noi grande onore,
Cantando continuamente le tue opere, come si conviene
Ad un mortale, poiché né per gli uomini é più grande privilegio
Né per gli dèi, di cantare per sempre, nella giustizia, la legge universale.
(da montesion.it)
ZEUSI
Famosissimo pittore greco, nativo di Eraclea, secondo Tzeuze, ignorandosi quale delle molte città che si chiamano col nome di Eraclea, sia stata sua patria. Plinio, Eusebio, Plutarco, Suida stabilirono in modo diverso l'epoca in cui visse; epperò tutto ben considerato par giusto ritenere essere egli nato nel XXXVII° olimpiade e morto nella XCV°, cioè tra il 468 e il 499 a.C. Ebbe a maestro Demofilo di Imera o di Nesa di Tasoe compì l'opera di Apollodoroe fu a sua volta da Parrasio; Luciano però lo chiama i più gran pittore dei suoi tempi, ed altri lo paragonarono allo stesso Fidia. I pregi che più gli si attribuiscono sono la grandiosità del disegno, la forza d'espressione, la nobiltà e la grazia delle forme. Fra le molte sue opere si citano quelle rappresentanti Elena, Alcmena, Penelope, Atleta, Ercole, Giove, quest'ultimo dipinto in trono circondato da tutte le divinità. Fattosi ricco, non vendè più, ma regalò i suoi quadri; così un Pane al re Archelao e un Alcmeno alla città di Agrigento. Dipinse anche figure monocrome in bianco. I suoi dipinti furono poi venduti a prezzi enormi ed ornarono Roma e Costantinopoli dove furono distrutti dai rispettivi incendi che rovinarono quelle città. Di Zeusi abbiamo una Vitra di Carlo Dasti; in argomento si può con profitto consultare la Storia estetico-critica selle arti del disegnno pubblicata dal Selvatico.
ZEUSI si chiamarono anche uno Statuario discepolo di Silanione che fiorì la CXV e la CXX olimpiade; un filosofo mentovato da Diogene Laerzionella Vita di Pirrone, un medico citato con grequenza da Galeno.
ZIA
, KEA o TZIA
Antica Ceos o Keos, isola della Grecia a Sud Est della punta meridionale dell'Attica e del Capo Colonna ha 185 kmq di superfice. Montuosa all'interno, bassa alle coste. Forma con le isole Thermia e Serpho una naturale eptarchia delle isole Cicladi.
NOTE