Giunto a Udine il 15 settembre, Guglielmo Oberdan
scrisse il suo testamento politico:
 

"Ai fratelli italiani,
v
ado a compiere un atto solenne ed importante. Solenne, perché mi dispongo al sacrificio; importante perché darà i suoi frutti. necessario che atti simili scuotano dal vergognoso torpore l'animo dei giovani, liberi e non liberi. Già da troppo tempo giacciono i sentimenti generosi; già da troppo tempo si china vilmente la fronte ad ogni specie di insulto straniero. I figli dimenticano i padri: il nome italiano minaccia di diventar sinonimo di vile o di indifferente. No, non possono morire così gli istinti generosi: sono assopiti e si ridesteranno. Al primo grido d'allarme, correranno i giovani d'Italia; correranno, con i nomi dei nostri Grandi sul labbro, a cacciar per sempre da Trieste e da Trento l'odiato straniero che da tempo ci minaccia e ci opprime. Oh, potesse questo mio atto condurre l'Italia a guerra contro il nemico ! Alla guerra, sola salvezza, solo argine che possa arrestare il disfacimento morale, sempre crescente, della gioventù nostra. Alla guerra, giovani, finché siamo ancora in tempo di cancellar la vergogna della presente generazione, combattendo da leoni ! Fuori lo straniero ! E vincitori, e forti ancora, del grande amore della patria vera, ci accingeremo a combattere altre battaglie, a vincere per la vera idea, quella che ha spinto sempre animi forti alle cruenti iniziative, per l'idea repubblicana. Prima indipendenti, poi liberi. Fratelli d'Italia! Vendicate Trieste e vendicatevi!".